Dal 30 settembre al 3 ottobre si terrà a Roma la decima edizione di Romics, la rassegna internazionale del fumetto. Quest'anno, ospite d'onore sarà Riyoko Ikeda, la donna giapponese che ha creato uno dei personaggi più rappresentativi e importanti nella storia del fumetto: Berusaiyu no bara. Alias, Lady Oscar. Io credo molto nel potere educativo dei cartoni animati. Lo avrete notato. Come sono molto attenta al messaggio maschilista lanciato dagli Incredibili o a quelli retrogradi di Biancaneve e Cenerentola, così mi piace anche esaltare le storie positive, quando le incontro. E una di queste è proprio Lady Oscar. Anche L'uomo tigre mi ha molto appassionata, ma non so ancora se per una qualche mia devianza particolare, o se perché in effetti il messaggio del lottatore buono che aiuta i bambini dell'orfanotrofio, abbia toccato le corde della mia sensibilità. Comunque, resto convinta che gli adulti siano il frutto dei cartoni animati che hanno visto da bambini. La mia generazione, cresciuta in mezzo alla violenza televisiva, alle tragedie personali di Candy Candy e di Remi, ai lutti infiniti di cuccioli che perdevano le madri (Bambi), o i padri (Kimba-il-leone-bianco) - per non parlare di tutti quelli che un padre non ce l'hanno mai avuto (Dumbo e anche Bambi stesso, che cresce accompagnato da un amico deficiente, detto Tippete) - è stata senz'altro fortificata nell'animo da tutta questa sofferenza. Qualcuno non ce l'ha fatta, e oggi è in terapia. Ma è la legge della giungla: i deboli soccombono. I miei coetanei sono tutte persone che hanno ben presente la distinzione tra il bene e il male. Tra la vita e la morte. E cercano di condurre le loro esistenze in maniera molto prudente. Molti di noi osservano con sospetto anche i tombini sotto i marciapiedi, che dopo l'uscita di IT hanno acquistato un aspetto inquietante. Ma questa è un'altra storia. Resto solo curiosa di vedere come saranno gli adulti cresciuti con i Teletubbies.
Comunque, fra tutti questi cartoni animati, senz'altro quello più formativo, almeno per noi donne, è stato Lady Oscar. Senza dubbio. Una ragazza, vissuta ai tempi della rivoluzione francese, che ha ricevuto dal padre un'educazione militare perché in famiglia si aspettavano un maschio e non una femmina. Una ragazza dai nobili sentimenti e alti ideali, ma anche molto umana e fatta di carne e ossa. Tant'è vero che alla fine, smentendo le dicerie sulla sua presunta omosessualità, si mette con André. Fra l'altro, fa riflettere il fatto che Lady Oscar non fosse una rivoluzionaria, ma comandante della Guardia Nazionale al servizio della Regina Maria Antonietta. Quindi liberté, égalité e fraternité non erano proprio il suo motto. Insomma, non era di sinistra. Era semplicemente una donna. Che lavora. Indipendente. Seria. Puntuale. Dotata di senso civico, dal momento che rifiuta un aumento di stipendio offertole dalla regina, perché non le sembrava il caso, vista la crisi economica. Ma anche innamorata. Sensibile. Umana. Un modello per tutte le trenta/quarantenni di oggi. Un modello triste, ovviamente, perché come tutti i cartoni animati dell'epoca, anche questo non poteva che finire tragicamente. Lady Oscar muore durante l'assalto della Bastiglia. E comunque era già malata di tubercolosi. André era morto poco prima colpito da una pallottola vagante. Insomma una pena infinita, che ci lascia l'amaro in bocca. Come dire: "Care ragazze, è stato bello finché è durato. Ora pensate un po' alla vostra vita invece che guardare sempre la televisione".
Non finirò mai di ringraziare Riyoko Ikeda per averci risparmiato la visione di Lady Oscar sposata con André. La spada sepolta in fondo all'armadio. Dedita soltanto ai figli e alle faccende domestiche mentre il marito diventa generale dell'esercito. Devo dirglielo, quando la vedrò a Roma, dove mi troverò nel fine settimana per una serie di circostanze fortuite. E le farò anche i complimenti, per aver dedicato così tanta passione al suo lavoro, nonostante fosse pagata un terzo rispetto agli uomini e lavorasse il triplo. Quando chiese perché gli uomini dovessero guadagnare di più, le fu risposto che si suppone che gli uomini debbano sposare una donna e mantenerla, non il contrario.
Chiudo con uno stralcio della sua intervista a Repubblica: "Io credo che Lady Oscar rappresenti la libertà: quella di essere una donna dall'animo più maschile, oppure un uomo dall'animo più femminile. Sono felice del mio immenso successo qui in Italia". Già. Perché ce n'era un disperato bisogno.
Comunque, fra tutti questi cartoni animati, senz'altro quello più formativo, almeno per noi donne, è stato Lady Oscar. Senza dubbio. Una ragazza, vissuta ai tempi della rivoluzione francese, che ha ricevuto dal padre un'educazione militare perché in famiglia si aspettavano un maschio e non una femmina. Una ragazza dai nobili sentimenti e alti ideali, ma anche molto umana e fatta di carne e ossa. Tant'è vero che alla fine, smentendo le dicerie sulla sua presunta omosessualità, si mette con André. Fra l'altro, fa riflettere il fatto che Lady Oscar non fosse una rivoluzionaria, ma comandante della Guardia Nazionale al servizio della Regina Maria Antonietta. Quindi liberté, égalité e fraternité non erano proprio il suo motto. Insomma, non era di sinistra. Era semplicemente una donna. Che lavora. Indipendente. Seria. Puntuale. Dotata di senso civico, dal momento che rifiuta un aumento di stipendio offertole dalla regina, perché non le sembrava il caso, vista la crisi economica. Ma anche innamorata. Sensibile. Umana. Un modello per tutte le trenta/quarantenni di oggi. Un modello triste, ovviamente, perché come tutti i cartoni animati dell'epoca, anche questo non poteva che finire tragicamente. Lady Oscar muore durante l'assalto della Bastiglia. E comunque era già malata di tubercolosi. André era morto poco prima colpito da una pallottola vagante. Insomma una pena infinita, che ci lascia l'amaro in bocca. Come dire: "Care ragazze, è stato bello finché è durato. Ora pensate un po' alla vostra vita invece che guardare sempre la televisione".
Non finirò mai di ringraziare Riyoko Ikeda per averci risparmiato la visione di Lady Oscar sposata con André. La spada sepolta in fondo all'armadio. Dedita soltanto ai figli e alle faccende domestiche mentre il marito diventa generale dell'esercito. Devo dirglielo, quando la vedrò a Roma, dove mi troverò nel fine settimana per una serie di circostanze fortuite. E le farò anche i complimenti, per aver dedicato così tanta passione al suo lavoro, nonostante fosse pagata un terzo rispetto agli uomini e lavorasse il triplo. Quando chiese perché gli uomini dovessero guadagnare di più, le fu risposto che si suppone che gli uomini debbano sposare una donna e mantenerla, non il contrario.
Chiudo con uno stralcio della sua intervista a Repubblica: "Io credo che Lady Oscar rappresenti la libertà: quella di essere una donna dall'animo più maschile, oppure un uomo dall'animo più femminile. Sono felice del mio immenso successo qui in Italia". Già. Perché ce n'era un disperato bisogno.