lunedì 19 gennaio 2015

Donne in ritardo che traslocano












Cari e care, dopo quasi un anno di silenzio su questo URL (ma di infinite parole su altri), vi comunico che si è finalmente compiuta quella transizione tra il dire e il fare, tra il parlare dei ritardi delle donne e il fare qualcosa per accelerare il loro cammino verso una società finalmente paritaria. L'avevo già annunciato qui: La nuova creatura.
Ma il confronto verbale e teorico resta sempre importante, per cui da oggi possiamo continuare a parlarne sul blog di LABY, che inizia da una domanda di tipo lessicale: "Perché in Italia si fa così tanta fatica a parlare di padri? Talmente tanta che alla fine ci siamo dovuti perfino inventare un nome nuovo e cioè 'mammi'?"
Il blog "Donne in ritardo" finisce qui e inizia qui.
Buona continuazione!
Benedetta

martedì 11 marzo 2014

Meno moderazione e più rivoluzione

Sulla faccenda delle quote rosa ho poco da dire, ma quel poco lo dico con tanta rabbia e poca moderazione.
Trovo incredibile tutta questa grandissima attenzione alla reale preparazione e competenza delle donne che devono entrare in Parlamento. Questa fobia collettiva nei confronti delle donne poco preparate che dovrebbero andare a sedersi in numero pari agli uomini. Perché tutta la questione sulle quote rosa gira attorno a questo principio: obbligare il Paese ad avere la metà delle donne in Parlamento significa esporci all'impreparazione. Significa correre il rischio che vengano fatte eleggere donne "tanto per fare numero".
Ed è QUESTO il ragionamento che trovo più offensivo. Sì, perché alla base delle obiezioni che si travestono da ragionamento moderato al di là di maschilismi e femminismi, c'è in realtà un grandissimo pregiudizio. Un pregiudizio che associa alle quote rosa l'automatica impreparazione e inadeguatezza delle donne. Ancora una volta, chi dice "donna" dice "pericolo".

E quindi adesso vorrei chiedere a tutte queste persone e anche a molti di voi, da cui ho sentito questo tipo di discorso, QUANDO avete mai fatto un ragionamento del genere per le quote maschili, che di fatto sono invece radicate nel nostro Parlamento da secoli. Quand'è che vi siete preoccupati così tanto dell'eventuale impreparazione di un candidato? Quand'è che vi siete fatti lo scrupolo di impedire a certi candidati di essere eletti "solo per fare numero"? Da quando queste questioni lodevolissime sono parte dei vostri ragionamenti?
Da quando si ipotizza di rendere accessibile anche alle donne il sistema di potere. Ecco da quando.
E a me, scusate, non sembra proprio una coincidenza e la dimostrazione sta nel fatto che da oggi, archiviato il pericolo, la reale competenza e preparazione di un candidato non sarà più oggetto di dibattito.


mercoledì 5 marzo 2014

La leadership spiegata da una madre

Esiste un assioma, una legge scolpita nella pietra immaginaria di cui sono fatti i cervelli di molti, secondo cui una donna che rientra al lavoro dopo la maternità non può più essere una risorsa, ma solo un inutile - e stupido - peso.
Oggi vi spiego perché invece una donna, proprio dopo la maternità, acquisisce poteri sovrannaturali che qualsiasi top manager, per eguagliarli, si deve fare minimo dieci anni di training nell'esercito russo.

Questa settimana ero in montagna da sola coi miei figli. 4 e 7 anni.

Sapete cosa implica in termini organizzativi, una settimana bianca con due bambini?
A) Pianificazione strategica con definizione degli obiettivi.
Quali sono gli obiettivi? Analizziamoli.
Riposarmi.
Irrealistico.
Sciare.
Secondario.
Far divertire i bambini.
Fattibile a seconda delle attività pianificate. In caso di fallimento anche di una sola di queste attività, vanno calcolati i danni sul sistema nervoso (mio) ed economico per l'attivazione di esosissimi incentivi a compensazione.
Per questa ragione tutte le attività vanno pianificate prevedendo la propensione che ogni bambino avrà, in uno specifico momento, per il loro svolgimento. Può essere utile disegnare una curva di gradimento per ogni attività, che a seconda dell'orario della giornata sarà ascendente o discendente. Per esempio, pianificare l'ora di sci con il maestro ha una curva ascendente dalle 11 alle 13, ma fortemente decrescente dopo pranzo.
"Signora ho un'ora libera con il maestro Aldo alle 14:30"
Escluso.
"Dalle 9 alle 10?"
Escluso (prevedere risveglio, colazione, pipì, denti, capricci per chi si deve lavare per primo, vestizione con mutanda, calzamaglia, calzettoni, maglietta, pile, pantaloni da sci, scaldacollo, casco, guanti, mascherina con intermezzi di "Mi va stretto, mi da fastidio, mi stringe, ho sete, mi cola il naso", per finire a vestizione conclusa, scarponi compresi con "mi scappa la cacca". Il tutto, ENTRO le 8:30 di mattina).
B) Gestione del budget collegandolo a un numero impressionante di variabili.
Per esempio, quante ore di skipass dovrei calcolare al giorno? È verosimile ipotizzare mattina e pomeriggio. Solo mattina? Se sì, quante ore? Due? Tre? La fluttuazione dell'umore dei miei figli nei confronti di qualsiasi tipo di attività sportiva è molto simile a quella dei mercati dei paesi asiatici. Il lunedì potrebbero voler sciare tutto il giorno, ma la visione di un cucciolo di cane in un bar potrebbe far cambiare radicalmente lo scenario.
Evitare i bar affollati.
Quando si vedono animali, cambiare marciapiede.
C) Analisi del rischio e problem solving.
Compilare una scaletta dei bisogni primari.
Cibo.
Fare spesa per menu differenziati per 7 giorni. Bilanciare verdura, proteine e carboidrati. Prevedere merende trasportabili in zaino e mangiabili nel più breve tempo possibile per evitare che il calo ipoglicemico si trasformi in un bagno di sangue.
Quindi, NO yogurt, che implicherebbe cucchiaino sporco, pezzi di carta argentata impiastricciati e crisi di nervi nel tentativo di aprirlo.
Mi sto informando sulle pillole che usano gli astronauti in missione.
Bisogni.
Mappare tutti i bar vicini alle piste da sci e fare un calcolo mentale della strada più breve, ma anche meno faticosa per arrivarci. Per esempio, non è detto che il rifugio più vicino sia anche quello migliore, perché potrebbe avere un numero eccessivo di scalini da fare.

In ogni caso, spalare sempre la neve attorno alla macchina, prevedendo fughe in qualsiasi momento verso il pediatra più vicino.

Potrei andare avanti per ore. Anzi, per una settimana esatta.
Ma la competenza migliore che sviluppa una madre è quella della leadership. Ma non della leadership vecchio-modello, del capo che sanziona e terrorizza. No, della leadership moderna. Del capo autorevole, che tutto sa e tutto può, ma che condivide, che motiva i collaboratori e che lavora perché tutto il team raggiunga gli obiettivi comuni. Questa, cari miei, è la vera ragione per cui chi licenzia una donna perché è diventata madre fa una grandissima cazzata, perché si priva di una risorsa che improvvisamente è in grado di traghettare tutta l'azienda verso qualsiasi obiettivo di crescita.

Tratto da uno mio speech:
"Guardate che sciare non è obbligatorio. C'è un sacco di gente che non scia e sta tranquilla e beata a casa in questo momento. Tipo quel tuo compagno lì, che non scia. Quello oggi è a casa e fa i compiti in serenità. Ma chi scia, chi vuole divertirsi e scendere per le piste come un missile, SI DEVE PORTARE GLI SCI DA SOLO, CHIARO?"
Il secondogenito mi guarda con le lacrime agli occhi mentre uno sci gli scivola da una parte e l'altro si incastra tra i lacci del doposci destro. Il primogenito con aria di sfida si incammina portando gli sci come le tavole della legge.
"Dai, che siete bravi." Incoraggiamento della squadra.
"Guardate me, che mi porto i miei sci e anche le vostre racchette". Buon esempio e condivisione degli obiettivi.
"Quando arriviamo, mettiamo giù gli sci e ci scartiamo un pangocciolo". Tecnica della visualizzazione e incentivo al raggiungimento dell'obiettivo.

Sempre il secondogenito ha un cedimento psicologico: "SONOTROPPOPESANTI!"
"No no no. Non voglio sentire storie. Perché Lorenzo si sta portando i suoi sci senza fiatare…" innescare la competizione "…e comunque non c'è alternativa, altrimenti giro la macchina e torniamo a casa, e sai che lo faccio" (e quasi quasi ci spero).
Il piccolo, punto nell'orgoglio, ricomincia a camminare.
E quindi attacca il primogenito: "Ma mamma, ma quando arriviamo? Uffa…"
"Dai, arriviamo a quel cassonetto e poi ci riposiamo, ok? Lo so che siete stanchi, ma è solo abitudine. Vedrete poi come andrà meglio prossimi giorni". Capacità di entrare in empatia con il team. Comprenderlo, motivarlo, fare concessioni.
E infatti i due, al cassonetto, non si sono fermati.

All'arrivo, grande riconoscimento per lo sforzo fatto: "Bravi! Avete visto? Ce l'abbiamo fatta! E domani???" Presi dall'entusiasmo promettono: "Mamma, domani non faremo neanche una protesta!".
Perché una madre è perfetta pure per le vertenze sindacali.



domenica 2 marzo 2014

Le cattive ragazze vanno dappertutto. E poi muoiono.

“Incensurata e disoccupata. Una propensione alle relazioni pericolose. Da giovanissima aveva avuto una lunga convivenza con un albanese da cui aveva avuto due figli.”

Grazie TG1, per queste note biografiche su Lidia, la donna trovata morta accoltellata in un sottopasso della stazione di Mozzate. Grazie per averci suggerito con dovizia giornalistica la ragione per cui una donna possa finire ragionevolmente ammazzata. Grazie per la funzione educativa verso tutte le altre cattive ragazze: siamo tutte avvisate.


lunedì 24 febbraio 2014

Che orrore quella Ministra!

Una donna all'ottavo mese di gravidanza è diventata Ministra della Pubblica amministrazione e semplificazione. Si chiama Marianna Madia e prima di oggi nessuno si era preoccupato molto di lei. Ma quel pancione...sì, quella cosa così grande che ti impedisce di vedere tutto il resto, ha monopolizzato ogni conversazione. Marianna Madia ha smesso di essere una donna, una professionista, una politica, una Ministra e infine, una persona, da quando ci siamo accorti che è incinta. Adesso è "solo" mamma, con tutto ciò che ne consegue: una mamma fa la mamma, non fa altro. Una mamma non lavora, non va in giro, non può e non deve fare altro che pensare alla sua maternità e soprattutto, ma che lo dico a fare, non può fare la Ministra.
Che orrore Marianna Madia che fa la Ministra!
"Come farà a lavorare seriamente con un figlio appena nato?" Dicono quelli che pensano che la maternità sia una malattia che ti fa diventare improvvisamente cretina.
"Come farà a prendersi cura del bambino se fa un lavoro di responsabilità?" Dicono quelli che pensano che il lavoro sia un ostacolo per il corretto allevamento dei figli.
"Come farà ad andare avanti in mezzo a tutta questa gente che si fa i cazzi suoi?" Dico io.

E dico anche: "Nella storia istituzionale italiana ci saranno pur stati altri ministri che hanno iniziato il loro incarico pochi mesi prima di diventare padri. Eppure nessuno si è mai preso la briga di farne argomento di conversazione. Evidentemente non fa così orrore che un uomo che sta per diventare padre accetti un impegno istituzionale. In sostanza non fa orrore che un padre stia lontano dai suoi figli. A me invece, un ministro così farebbe orrore. Ma magari quel padre-ministro si è organizzato. Magari la moglie si trasferisce a Roma per i primi mesi. E magari, anche per una donna può essere così. Magari Marianna Madia ha un compagno presente che la aiuterà nella gestione del figlio. Magari, per una volta, siamo di fronte a due genitori, anziché soltanto davanti a una madre che si deve smazzare da sola ogni singolo aspetto che riguarda il figlio. O magari si è semplicemente organizzata con delle brave tate. Perché no, se se lo può permettere? Ogni donna dovrebbe essere messa in grado di 'potersi organizzare', a prescindere dal lavoro che fa. Ogni donna ma anche ogni uomo."

Sulla vicenda, che per me non è una vicenda, non ho altro da dire. Discutiamo un po' meno della vita familiare dei Ministri e un po' più di quella professionale.


martedì 7 gennaio 2014

P&G pensa alle madri separate

Ho già parlato qui del rapporto che P&G vorrebbe avere con tutte le mamme del mondo. Ho già protestato contro l'immagine della mamma che DA SOLA si sobbarca tutti i lavori domestici, DA SOLA cresce i figli e sempre DA SOLA li fa pure diventare campioni olimpici. Ho protestato anche a nome di tutti quei padri che dicono: "Hey! Ma non è così!!! Anche io porto mio figlio ad allenamento, gli preparo la cena e carico la lavatrice!" Ma niente, a P&G l'opzione che esistano anche i padri e che questi padri possano essere attivi nelle famiglie proprio non piace. Meglio insistere sullo stereotipo della donna/mamma che fa tutto da sola. Perché si sa, le donne sono multitasking e i fustini di detersivo si vendono meglio a loro.

Adesso esce il sequel di quello spot che in molte, troppe, ha suscitato lacrime di commozione.



E mi è venuta l'illuminazione. Non avevo capito niente. Pensavo che P&G fosse la classica multinazionale che si nutre del marketing più conservatore e generalista. Pensavo che la sua comunicazione fosse un ostacolo culturale al lento e difficile processo verso la parità di genere, verso il superamento degli stereotipi. E invece mi sbagliavo: P&G in realtà promuove un reale cambiamento della società verso nuovi modelli di famiglia.
Sì, perché finalmente si parla a una categoria di donne che non sono mai considerate nella comunicazione italiana e forse nemmeno in quella estera: le donne separate.
E allora sì! Essere una donna separata non ti emargina dalla società! Guarda donna separata: sei forte anche se sei da sola! Insegni ai tuoi figli che si può anche cadere ma che l'importante è rialzarsi! Un bellissimo messaggio di coraggio. Pensate che rivoluzione: non è più la famiglia tradizionale al centro di una comunicazione di una delle multinazionali che investono di più al mondo in comunicazione, ma è un modello nuovo, indipendente.
Le donne, che in caso di separazione sono in genere quelle più svantaggiate, adesso hanno uno sponsor importante. Uno sponsor che le incoraggia e dice loro che possono sempre farcela, che possono sempre rialzarsi, esattamente come insegnano loro ai figli.

Vabbè dai, la smetto, che quasi quasi mi convinco da sola.

P.S.: aggiungo un chiarimento "postumo". Siccome mi stanno arrivando commenti entusiastici su questa cosa delle mamme separate, sono costretta a specificare che si tratta di una mia personale provocazione e che non c'è evidentemente alcuna intenzione da parte dell'azienda di fare un salto così audace. Purtroppo le cose restano come sono sempre state: l'azienda inscena le mamme nel loro ruolo più classico, che è quello di donne che si occupano dei figli e della cura della casa e comprano i prodotti P&G. I padri probabilmente sono tutti al lavoro.


giovedì 2 gennaio 2014

La nuova creatura

Cari uomini e care donne in ritardo,

ho aspettato l'anno nuovo - e il primo momento vagamente libero - per raccontarvi il secondo progetto per la serie "bando alle ciance: passiamo ai fatti" che mi sta tenendo lontana da questo blog e da tutto quello che stavo facendo prima.
Accanto al progetto "Pari o dispari? Il gioco del rispetto" che vuole diffondere attraverso il gioco, la cultura della parità di genere ai bambini delle scuole dell'infanzia (ne ho parlato qui), ho avuto l'impellenza di fare ancora un'altra cosa. E questa cosa si chiama "LABY - coworking & life".
È uno spazio di coworking, dove donne e uomini hanno a disposizione aree di lavoro, scrivanie, sale riunioni, connessione internet, fotocopie, ma anche spazio per il loro tempo libero, dove farsi un'ora di pilates, yoga, o massaggi oppure seguire dei corsi di formazione (dalla cucina all'aggiornamento professionale), tutto questo senza mai dover scegliere tra vita personale e figli. Sì, perché i figli si possono portare e affidare agli educatori e alle educatrici di un'area dedicata, dove i piccoli vengono seguiti e intrattenuti con attività di vario genere.
In Italia ci sono molti posti dove si può lavorare, altrettanti posti dove, chi ha ancora tempo, può dedicarsi alla cura del proprio corpo e del proprio spirito e poi ci sono ancora diversi posti (pochi a dire il vero), dove i bambini possono divertirsi. Ecco, noi abbiamo pensato di riunire in un posto solo, bello e grande, tutti questi momenti della vita di ognuno di noi.

Presentazione LABY - coworking & life

Il cuore di LABY ovviamente batte per le pari opportunità, cercando di ridurre lo svantaggio che sul lavoro le donne hanno soprattutto al rientro dalla maternità. Perché più che rientro, si tratta spesso di fuoriuscita definitiva. Le donne che fino a pochi mesi prima avevano responsabilità, chi piccole, chi grandi, improvvisamente dopo i figli, diventano handicappate. Come se avessero avuto una malattia debilitante. E io mi dico sempre, va bene, magari è stata pure una malattia debilitante, ma poi si fa riabilitazione e si può tornare come prima. Voglio dire: Umberto Bossi, dopo l'infarto o l'ictus, o quello che è stato, ha fatto riabilitazione. E adesso lo vedi sempre lì che parla, che lavora per il suo partito. Ma le donne no. C'è più probabilità che Umberto Bossi torni a fare politica dopo essere quasi morto, che una donna torni a svolgere il suo lavoro dopo aver avuto un figlio.

Allora ci siamo detti: "Ci vorrebbe un posto dove per la prima volta non si debba scegliere tra lavoro e figli. O tra tempo libero e figli. Un posto dove vive e pulsa una community di persone che condividono competenze ed esperienze professionali e dove non ci sia più isolamento né sociale, né professionale." Ed ecco LABY.

Nel 2013 Stefania Boleso, Silvia Mazzolin e io ci siamo fatte il culo a tarallo per costruire questa cosa. Abbiamo lavorato con il Comune di Trieste, con la Provincia, abbiamo vinto un bando della Regione Friuli Venezia Giulia, abbiamo parlato con le aziende e con le persone. Adesso stiamo allestendo lo spazio e contiamo di inaugurare a primavera.
Io ovviamente non dormo più. Ma non sono mai stata così felice, perché questo è veramente il coronamento di anni di ragionamenti fatti qui e fatti altrove ed è finalmente l'occasione pratica e non più virtuale per fare qualcosa di concreto in tema di politiche femminili.

Il primo esperimento di questo tipo, anche se con le dovute differenze di "mercato", è partito a Milano e ha da poco compiuto un anno di attività. Si chiama Piano C. Poi abbiamo notizia di un altro progetto simile a Mestre, che si chiama Lab Altobello. E sarebbe fantastico che ogni città italiana ne avesse uno, che le Istituzioni supportassero un reale cambio del nostro modo di lavorare e di vivere, che nonostante tutti gli strumenti tecnologici a disposizione si regge ancora su scelte manichee tra lavoro e famiglia, tra quello di cui si occupano gli uomini e quello di cui si occupano le donne. Ancora oggi, non c'è tolleranza per chi non accetta queste scelte.

Io invece sono molto tollerante.
W il 2014!