domenica 24 febbraio 2013

Quando uno si perde i momenti storici

Sto passando il fine settimana fuori casa, a Roma. Volevo presenziare all'ultimo angelus del Papa ma sono arrivata in ritardo, perdendomi questo momento storico. Pazienza. Adesso mi riposo un po', perché a Roma ho degli amici che si impegnano sempre molto nel garantirmi alti livelli di entertainment. E fra un po' prenderò un treno domenicale che mi riporterà nella mia città, dove finalmente potrò votare, perché questo invece è un momento storico che proprio non mi voglio perdere.

No, perché votare è importante. Una volta mica si votava. Una volta erano altri che decidevano per te. Poi hanno iniziato a decidere i cittadini, ma solo gli uomini però. Le donne non decidevano. Adesso, da un po' di tempo, ma nemmeno tanto (67 anni), possono decidere qualcosa pure loro. Beh, domani mi godo questa libertà.

In Italia circa la metà degli elettori sono uomini e circa l'altra metà sono donne, ma a questa evidenza non corrisponde la stessa proporzione tra i rappresentanti eletti. Quante saranno le donne elette? Poche. Perché poche sono ancora le candidate. Ecco, mi piacerebbe che le donne, oltre alla partecipazione al voto, iniziassero a partecipare anche all'impegno politico. Mi sembra importante. E no, non trovo ingiusta l'imposizione delle quote rosa.

Penso alla scuola, che una volta non era obbligatoria: chi voleva studiava, chi non voleva restava ignorante. Perché abbiamo sentito la necessità di rendere gli studi obbligatori? E perché abbiamo prolungato il percorso di studi ben oltre la quinta elementare? Perché ne andava del progresso del paese, perché più gente istruita fa crescere la civiltà, l'economia, il benessere collettivo. Ma uno poteva dire: "Eccheccavolo, ma chi mi dice che uno che studia è più in gamba di uno che non studia?" Infatti è vero: non è detto, ma in linea generale l'istruzione migliora un paese, lo rende più solido, più libero, più consapevole, più innovativo.
Beh, la partecipazione delle donne alla vita politica attiva, migliora il rendimento di uno Stato. Le donne, quando partecipano, alzano il PIL. La partecipazione delle donne rappresenta un'opportunità di crescita per tutti. Ecco perché va resa obbligatoria, se questa non si verifica da sola. Come nel caso dell'istruzione: se i giovani non vanno a scuola spontaneamente, vanno obbligati per legge.

Con questo pensiero talebano (adoro associare questa parola al concetto di parità di genere), vi saluto e  torno a casa.

giovedì 14 febbraio 2013

Ridiamo e battiamo le mani


Io, figlia della televisione, cresciuta assieme alle reti Fininvest, quando il logo di Canale 5 era una specie di lombrico con la testa di drago cinese (poi chiamato "Biscione"), Italia 1 era la rete dei gggiovani e Retequattro quella dei vecchi, sono stata educata, assieme all'intera mia generazione, a pochi ma solidi principi:
- la RAI non si guarda
- la felicità è un must assoluto, purché si tenga la TV sempre accesa
- se non sei felice è perché Tana delle Tigri minaccia i bambini di un orfanotrofio
- la mitologia greca ha incredibilmente plagiato la trama di Pollon
- è normale avere una quinta di reggiseno
- il progresso si sostituisce a Dio, da quando ha creato il telecomando e tu non ti devi più alzare dal divano per cambiare canale

Faccio queste considerazioni nostalgiche, quando, trent'anni dopo, mi trovo davanti al monitor del mio portatile, guardando un filmato su youtube e vedo il mio educatore, il mio creatore di felicità, che chiede a una giovane signora se viene e quante volte viene. Mi aspetto che da un momento all'altro salga sul palco l'Uomo Tigre facendo una delle sue mosse vincenti, prendendo quell'uomo cattivo alle spalle, stringendo i suoi bicipiti attorno al collo. Ma non succede niente. Allora penso che forse quella donna è in realtà Wonder Woman e adesso lancerà il suo cerchietto di metallo in faccia al suo dileggiatore, ma niente.
Faccio appello a tutta la mia razionalità e penso che forse potrebbe telefonare almeno la fidanzata di lui, dicendogli di smetterla di fare il porco con qualsiasi cosa respiri. Potrebbe reagire quella donna, vincendo il suo imbarazzo e dirgli di vergognarsi, che c'ha ottant'anni e che è patetico e che è lui che non viene più da duemila anni.
NON SUCCEDE NIENTE.
No, una cosa succede: risate e applausi dal pubblico.


Ed eccoci qui, paralizzati come è paralizzata tutta l'Italia. Paralizzati perché chissà dove abbiamo lasciato la nostra dignità, per cui accettiamo tutto "perché sennò chissà che cosa ci succede, perché potremmo perdere il lavoro, i soldi, l'approvazione della gggente". Allora ridiamo. Ridiamo e battiamo le mani, noi che siamo cresciuti con il concetto dell'applauso a comando. Ridiamo e battiamo le mani come tanti bambini deficienti.

Ma piangiamo anche. Ci commuoviamo davanti alla tenerezza di quest'uomo che adotta una cagnolina. Non solo, ma quando non siamo tra quelli che lo votano, quest'uomo, quando siamo tra coloro che lo disprezzano, che non lo vorrebbero vedere mai più, perché non gli diamo alcuna fiducia né credibilità, ci comportiamo comunque come lui ci ha insegnato, e allora facciamo le battutacce sul
fatto che lui adotta l'ennesima cagna. Lui è un ladro, un approfittatore, un disonesto, ma le donne che frequenta sono peggio, sono delle cagne. Cagne in calore. Animali. Cose. Non umane. Minus quam. Meno di zero. Meno di lui.


E quindi vale tutto. Anche Neri Marcorè che dice a Mara Carfagna che almeno con lei qualcosa si tira su. Perché la Carfagna è un'altra cagna. L'ennesimo animale che circola in Italia. E le si può dire di tutto, perché lavorava in TV e ha fatto un calendario, per cui, se fai queste cose, lo devi sapere
 che diventi cagna e che la gente ti disprezzerà perché non badi a sufficienza alla tua virtù. E trovo ipocriti anche quelli che giustificano i loro insulti dicendo che la Carfagna è una politica inconsistente, perché se è così, dici che è una politica inconsistente e non una cagna.

Oggi è San Valentino.
Umberto Smaila, salvaci tu.

martedì 12 febbraio 2013

Lasciamo perdere

Mi vedo costretta a interrompere il mio flusso di pensiero elettorale per dire una cosa che mi sta particolarmente a cuore. Si tratta di un concetto molto importante. Un concetto filosofico quasi. Il concetto che dice: "Lasciare si può".

Giusto. Lasciare si può, e a volte si deve.

Per il rispetto verso noi stessi, per la nostra sopravvivenza, per quella dei nostri cari. Per anni ci siamo uccisi di lavoro, senza vedere le nostre famiglie, ammalandoci per inseguire il mito dell'accumulo di beni materiali, poi ci siamo uccisi perché con la crisi non riuscivamo più a pagare le tasse. Ci siamo uccisi perché non ci sentivamo all'altezza, perché non eravamo abbastanza belli, abbastanza eleganti, abbastanza nel gruppo, abbastanza famosi, abbastanza qualsiasi cosa che non c'entrasse niente con la nostra vera essenza: quella di esseri umani.
E adesso abbiamo una grande opportunità: possiamo lasciare. Lasciamo che la crisi ci sommerga, smettiamo di dimenarci come nelle sabbie mobili cercando di aggrapparci a quel ramo che ancora sta crescendo. Perché tanto è solo questione di tempo: anche quel ramo farà una brutta fine.
Lasciamo perdere. Non possiamo permetterci il weekend all'estero? Nemmeno su Groupon, con il volo low cost e nel bed & breakfast? Non importa: inquineremo di meno. Se non potremo più avere una macchina o uno scooterone, porteremo i nostri figli a scuola a piedi. Cammineremo e ci farà bene, così non dovremo iscriverci in palestra. Coltiveremo l'orto, risparmieremo sulla spesa, risuoleremo le scarpe, rammenderemo le giacche. Tanto, prima di consumare completamente tutto quello che già abbiamo negli armadi, passeranno generazioni.

Lasciamo, lasciamo tutto. Se non ce la facciamo più, lasciamo.

Torniamo a essere quello che eravamo: uomini e donne che hanno bisogno di poche cose per vivere serenamente. Mangiare, bere, coprirsi, amare. Ok, anche facebook e twitter.
Questo ce lo insegna il Papa. E io sono d'accordo. Grazie per averci ricordato che non è necessario perdere la vita sul lavoro o su cose che non ci riguardano come persone. Perché il troppo stroppia, perché finiamo per fare del male alle persone che ci stanno vicine a cui non dedichiamo abbastanza di noi stessi. E poi comunque quel lavoro lo faremmo male, troppo stanchi, troppo distratti, troppo arrabbiati.

È vero: il Papa ha fatto una cosa rivoluzionaria. Ha lasciato.

È una cosa bellissima, un atto d'amore e di consapevolezza verso tutti gli esseri umani, che sono stati creati con dei limiti precisi, perché si abbandonassero a Dio con fiducia. Ora, con il gesto del Papa siamo tutti più liberi di lasciare. E qui, su questo blog, penso ovviamente a tutte le donne cattoliche e credenti, che si sono sposate in Chiesa convinte che il loro matrimonio sarebbe stato per sempre, e poi hanno iniziato a subire violenza dai loro mariti, hanno sopportato anni di botte, di insulti, di minacce. Molte sono morte. Perché lasciare non si poteva. No. I preti consigliavano loro di pregare Dio e di essere forti, perché "lasciare non si può".
Beh, adesso si può. Ce lo dice il Papa. Ce lo dicono tutti i commentatori e i vaticanisti: è una rivoluzione che farà impallidire Marco Pannella e la Bonino insieme. Dice che quando non ce la fai più a portare avanti il tuo lavoro, la missione che ti ha dato Dio, quando il peso del tuo incarico è troppo e rischi di fare del male ai tuoi figli, beh, allora devi lasciare. Lasci per il bene dei tuoi figli, perché non eri più in grado di seguirli come avresti dovuto.

Donne, adesso potete lasciare, e avrete la benedizione della Chiesa. Potete abbandonare i vostri mariti violenti e la Chiesa sarà dalla vostra parte. Divorziate! E a messa troverete solo sguardi di solidarietà e approvazione. Potrete continuare a fare la comunione e sedervi in prima fila, davanti al parroco.
Sì, sono sicura, fidatevi.
Mica è possibile che il Papa lasci pensando che può farlo solo lui, no? Voleva che lo facessimo tutti, no? Era un gesto che voleva mostrarci la nuova via, vero? Era il buon esempio da seguire, no?

No?

No?!?

No.

giovedì 7 febbraio 2013

Chuck Norris Ministro degli Interni


Le cose sono andate così: stavo discutendo su Facebook con alcuni candidati per il Movimento 5 Stelle sul fatto che mi sembrava strano che un movimento nuovo e per molti versi rivoluzionario come il loro fosse così tanto a corto di candidate donne per Camera e Senato. Addirittura a zero, nel caso della mia regione. Cioè, SOLO uomini. 100%. Mi è stato risposto che ci sono molte donne che partecipano alle loro assemblee e che danno un grandissimo contributo di idee e che in realtà i candidati sono solo dei portavoce di quelle assemblee. Come dire: "Dietro a ogni grande uomo...". L'altra cosa che mi viene detta è che l'impegno richiesto dal movimento è veramente tanto, per cui in genere le donne non ce la fanno a starci dietro. Comprensibile in effetti. Lo sappiamo bene che è un gran casino in Italia per le donne. Ma allora che facciamo? Prendiamo atto e ci adeguiamo? Oppure ci sforziamo, e se siamo un movimento politico facciamo in modo di portarcele quelle donne in Parlamento? Proviamo a farle decidere, anziché solo suggerire a un portavoce? Sarà difficile certo, ma vediamo che è comunque possibile farlo, visto che il PD lo sta facendo, raggiungendo quasi la parità tra candidati uomini e candidate donne. Quindi, che cosa ne devo desumere? Che le donne del PD non hanno un cazzo da fare tutto il giorno?

E mentre si stava discutendo di questo, mi arriva questa email:

vedo i cartelloni elettorali dello tsunmai tour e penso: ma non credi 
che sia una delle affermazioni più sessiste ascoltate quella che 
indica il probabile prossimo inquilino del dicastero dell'economia in 
una mamma di tre figli? è l'unico valore aggiunto indicabile?

E scopro che Grillo dice di volere "una donna che non ha fatto fallire la sua famiglia, che sa cos'è l'economia." E che magari tenga anche più puliti gli uffici, aggiungerei. Apprezzo lo sforzo di Grillo, di coinvolgere anche il sesso femminile nel suo movimento. Forse qualcuno gli ha detto che la questione delle pari opportunità era stata un po' presa sottogamba. E mi sa che ha voluto un po' strafare, gridando che lui la donna la vuole alle Finanze! Benissimo! Ma perché vuoi una donna alle Finanze? Perché lo stereotipo ti dice che le donne stanno a casa a far crescere i figli e gestire il budget per fare la spesa al mercato e se un calzino si buca, non si butta ma si rammenda. Tutto sicuramente molto ecologico, in linea con il programma del M5S. Ma io avevo in mente un'idea di ecologia un po' più progressista. E in effetti in quell'email che ho ricevuto mi si chiede proprio questo: ma una donna può essere adatta a quel Ministero solo per il fatto di stare a casa a fare le faccende domestiche? Potrebbe essere una prospettiva originale in effetti. Anche un po' pericolosa però. Perché poi agli Interni chi metti? Chuck Norris?

Che poi a me dispiace veramente un casino fare questi discorsi. Perché l'ultimo barlume di giovinezza che mi è rimasto preme per fare una vera rivoluzione, perché mi pulsa l'ormone di buttare giù tutto per poi ricostruire qualcosa che abbia un senso. Insomma, mi affascina il M5S. Credo sia l'ultima occasione prima di scendere in piazza armati. Però, se pure questa rivoluzione la devono fare solo gli uomini, allora anche no! La rivoluzione la dobbiamo fare tutti: uomini, donne che stanno a casa e donne che lavorano.


mercoledì 6 febbraio 2013

L'agenda elettorale di Donne in ritardo

Nel Paleozoico, quando andavo al liceo, la professoressa d'italiano mi definì "donna politica", semplicemente perché, in onore della continuità didattica, ero andata a protestare dal Preside perché non volevo che ci cambiassero per il secondo anno di fila l'insegnante di matematica. Ovviamente poi ci rifilarono un'insegnante diversa ogni nuovo anno fino all'esame di maturità. Questo la dice lunga sulle mie reali qualità politiche, che devo dire in molti mi attribuiscono, e non so veramente perché. Nel mio percorso civile, dai diciott'anni in poi, ho votato veramente di tutto, da destra a sinistra, senza mai passare per il centro peraltro. Una pazza schizoide insomma, che non può dare alcuna affidabilità in termini di ragionamento politico. Se vi siete chiesti da chi mai fosse rappresentato il famoso gruppo degli "indecisi", quel 20-30% degli Italiani che fanno vincere una volta la destra e una volta la sinistra, beh, eccone una indegna partecipante. Che poi uno dice: "Ma come cazzo fai a votare una volta a destra e una volta a sinistra? In quali valori ti riconosci?" Osservazione più che lecita. Io ho un animo di sinistra, ma raramente trovo una sinistra per cui votare. Ahimè. A mia discolpa però dico che non voto a destra da molti, moltissimi anni.
Adesso che siamo in piena campagna elettorale potevo io esimermi dal dire qualcosa di sinistra? No.
Ovviamente faccio osservazioni del tutto personali e criticabili, ma in quest'ultimo periodo mi sono saltate agli occhi alcune cose.

Tipo l'immagine di Ambrosoli, candidato alla Presidenza della Regione Lombardia per il PD, circondato da donne entusiaste che lo acclamano come uno dei California Dream Men.


Tipo che il rivoluzionario e giovane Movimento 5 Stelle candida pochissime donne 13% alla Camera e 28% al Senato. Meno di certi partiti di estrema destra, che le donne le vorrebbero tutte a casa a sfornare figli, e in effetti Grillo non è che si discosti poi molto da questo pensiero:



Tipo l'esclusione nel Lazio per le liste dei Radicali, perché contavano 5 donne e 4 uomini, per cui troppe.

Tipo Berlusconi che adotta una cagnetta.


Siccome questo è un blog e non un romanzo russo, sarò sintetica e affronterò questi casi uno alla volta, partendo, oggi, da Ambrosoli.

No, ma carino Ambrosoli eh. Veramente. A me piace. È in gamba, giovane. Conosco anche diversi suoi sostenitori. In gamba anche loro, onesti e con le idee chiare. Poi però vedo quella foto e mi assale lo sconforto. Vedo questo harem attorno al sultano. E improvvisamente quella faccia tanto pulita e quei modi gentili impallidiscono di fronte all'immagine di pappone che mi si fissa nel cervello. Faccio inconsciamente un paragone con Berlusconi, attorniato da veline e starlette in cerca di qualcuno che le mantenga, e me ne  dispiaccio. Me ne dispiaccio perché in realtà il PD è l'unico che lì rispetta le quote rosa, che si presenta con più del 40% di candidate donne, è l'unico che ci crede e che ha capito (se non altro per opportunità politica) che le donne stanno diventando un elettorato sempre più consapevole del suo potere.
Ma non posso fare a meno di pensare che manca ancora un tassello: finché il candidato rimane uomo, le donne saranno, per quanto numerose, sempre in secondo piano. Per carità, è già un grandissimo traguardo eh, ma proprio questo mi porta a puntare ancora più alto, a un'immagine forte di una Presidente della Regione donna. Di una Regione importante come la Lombardia poi.

Ecco, vi lascio il caso Ambrosoli come spunto, assieme anche a un consiglio per gli acquisti che piacerà  a chi è curioso di sapere, giorno dopo giorno, come cambiano le intenzioni di voto (ma non solo) anche durante il periodo di "oscuramento" pre elettorale: si chiama PoliticApp ed è attualmente la app più scaricata dagli App store.


L'ha fatta SWG assieme a Nativi, un gruppo di giovani esperti in comunicazione a cui voglio molto bene. E finalmente ho detto una cosa carina.