lunedì 31 ottobre 2011

Non prendete quell'ascensore

Purtroppo il mondo è pieno di contraddizioni e la perfezione non esiste. Non molto tempo fa avevo incensato la Spagna per il suo senso della decenza in campo pubblicitario. Oggi faccio un passo indietro e mi ri-cito. So che è una cosa odiosa, ma devo per forza ribadire un discorso che ho fatto ormai l'anno scorso, a proposito di segnali e simbologia. Lo trovate qui. All'epoca sindacavo sui cartelli che nei supermercati invitavano a dare la precedenza in cassa alle donne con bambini. Escludendo in automatico la pur folta categoria degli uomini con bambini. Mi ero lanciata in un'audace dissertazione semiotica sull'uso corretto dei simboli maschile e femminile. A parte il caso dei bagni, se usi il maschile, è universale, se usi il femminile, significa SOLO donne. Per esempio, l'omino sulla sedia a rotelle non ha la gonna, ma intende comunque indicare disabili maschi e femmine nello stesso tempo.
Bene, ecco cosa mi segnala un'amica da Siviglia: è un cartello che dice che i bambini non devono prendere l'ascensore da soli. Voi che cosa ci leggete? Io varie cose, a seconda dell'umore e della creatività del momento. Ci leggo, per esempio, che una donna può entrare in ascensore solo con un figlio. L'altro no. Deve rimanere giù, o farsi le scale. Oppure: se hai un marito basso, lascialo giù e prendi l'ascensore solo con tuo figlio. Ma volendo essere magnanima, mi sforzo di interpretare il segnale secondo le intenzioni del legislatore: i bambini soli non possono prendere l'ascensore. Devono essere accompagnati. Ma da chi? Non da un adulto in generale. No, dev'essere una donna. Anche con i capelli a caschetto, tra l'altro. Gli uomini non possono accompagnare i bambini in ascensore. Forse perché sono ugualmente inaffidabili? Questa ipotesi trova conferma anche nel fatto che si parla esplicitamente di bambini maschi. Deduco quindi che le bambine femmine possono andarci da sole in ascensore.
Vabbè, quanto la faccio lunga. Però è così: chi ha dato un'immagine alla regola dei minori accompagnati in ascensore, si è premurato di rappresentare una regola familiare ferrea, e cioè che con i bambini ci stanno solo le mamme. I padri probabilmente quell'ascensore l'hanno già preso la mattina presto, per andare a cacciare un mammuth e sfamare la loro comunità di ominidi.

giovedì 27 ottobre 2011

Quel cane del medico

Oggi è una giornata elettrizzante. Nel senso che ti fulminano tutti. E che sono anche tutti fulminati. I miei figli si sono svegliati entrambi molestissimi e sono molesta anch'io. Polemica. Polemicissima. Ma basta con i superlativi, che non è proprio il momento.
Sono veramente nauseata, offesa e anche un po' incredula davanti a chili e chili di retorica e falso buonismo che stanno invadendo la rete in questi giorni. E porca Eva, dico io. Anzi no, che poi si discrimina sempre la donna. Porco Adamo, allora. Ma vi rendete conto della bruttezza umana a cui siamo ridotti? Bruttezza che si amplifica grazie a Internet e ai social network. Non so se ci siano delle statistiche in merito, ma personalmente rilevo questa stortura:
- numero di link condivisi su facebook che parlano di animali da adottare: millemila
- numero di link condivisi su facebook che parlano di personaggi famosi morti giovani: millemila
- numero di frasi retoriche sul senso della vita, meditate a seguito della morte di personaggi famosi: millemila
- numero di link condivisi su facebook che inneggiano alla rivolta politica (inclusi i link con le foto del menu del Senato): millemila
- numero di link condivisi su facebook che lanciano inni alla bontà, all'altruismo, all'amore per il prossimo (tipo: il vero amico non è quello che ti fa ridere, ma quello che piange con te / Lassù nel cielo c'è una persona speciale che ti pensa sempre / Le lacrime delle mamme riempiono i nostri oceani / Vi voglio bene anche se non accettate la mia amicizia / Se fai la cacca davanti alla porta di casa mia, ti stimerò lo stesso): millemila
Quindi? Quindi, dopo aver letto, a proposito della morte del pilota Simoncelli: "Ci Mancherai CAMPIONE / CONDIVIDI QUESTA PAGINA E SUGGERISCILA AI TUOI AMICI AFFINCHE' TUTTA FACEBOOK POSSA DIRE ADDIO ALL'UOMO CHE HA RISCRITTO LA STORIA!!!", che conclusioni possiamo trarre? Che in mezzo a tutto questo rigurgito di bontà e di manifestazioni di grande sensibilità umana, nasce, cresce e spopola la vera indifferenza. Tutto diventa annacquato. Tutto perde ogni significato. Perde di significato anche l'espressione "L'uomo che ha riscritto la storia", tanto per dirne una. Perché, che ha riscritto Simoncelli (pace all'anima sua)? Qual è stato il suo grande contributo al progresso civile, umano, collettivo? Era un pilota. Bravo, credo (anche se io ho sempre sentito parlare solo di Valentino Rossi). Simpatico. Faceva il suo lavoro con passione, come tanti. E purtroppo è morto a 24 anni, perché ha scelto uno sport pericoloso. Insomma a me dispiace per lui, per la sua famiglia, per i suoi amici. Non è che uno non deve essere dispiaciuto. Il problema è che poi non ci si dispiace per altre tragedie. Per quelle che non fanno molta audience. Ma soprattutto, considerato tutto questo diffuso attivismo, non mi spiego come mai ci siamo ridotti in questo stato. Se siamo tutti così amanti degli animali, così comprensivi dei difetti altrui, così buoni e magnanimi, così onesti e puri, com'è che va tutto così a rotoli? Le cose sono due: o esiste una parte di facebook che io ignoro e che condivide link tipo "A me piace la gnocca e non ci vedo niente di male / A me piace rubare soldi allo Stato e arricchirmi da fare schifo / A me piace seviziare sia un cucciolo di cane sia la mia fidanzata", oppure c'è un sacco di ipocrisia in giro.
E vi ho fatto questo lunghissimo preambolo un po' per sfogarmi dalla mia mattinata elettrizzante, e un po' perché c'è questo articolo su Repubblica, che ci dice che fra un po' in Italia non si potrà più abortire. Il problema è che sempre più medici diventano obiettori di coscienza. E quei pochi non obiettori (circa 150 in Italia) stanno andando progressivamente in pensione. Che cosa curiosa, no? Le nuove generazioni sono molto più attente ai temi di etica, della vita, del valore della persona umana. Un giovane medico, mettiamo di 35 anni (ora che abbia finito tutti i percorsi di specializzazione), che sul suo profilo di facebook ha le foto col suo cane salvato dal canile, sceglie di non interrompere nessuna gravidanza. Perché ci tiene alla vita. Capite? C'è veramente un sacco di bontà in giro.
Solo che dopo vai a vedere meglio. Quel medico ti consiglia una clinica privata, dove è lui stesso che opera. Ma a pagamento. E allora ti viene in mente il suo cane salvato dal canile, e te lo immagini presto abbandonato di nuovo in autostrada da quel medico così buono. Immagini la moglie picchiata. Immagini il suo conto in Svizzera. Immagini la casa abusiva col condono. Immagini, ma in realtà quello è il mondo in cui viviamo veramente. E pensate a che livello di cinismo si arriva: cavalcare un tema anche serio come l'obiezione di coscienza (serio però solo per una minoranza di medici), per poi commettere ugualmente il "crimine" ma con più soldi.
E in tutto questo (ma che lo ripeto a fare) indovinate chi ne fa le spese?

martedì 25 ottobre 2011

Donne VIP (Vescica IPerattiva)

Ricevo nella casella di posta elettronica del blog questa e-mail urgente (e urgente è proprio il termine più adatto). Scusatemi, so che è surreale, ma per dovere di cronaca non posso non pubblicarla.


DONNE VIP: LIBERE DALL'INCONTINENZA!


Roma, 25 ottobre 2011 - In Italia sono oltre 3 milioni le persone colpite dalla sindrome da Vescica Iperattiva e sono soprattutto le donne, nel 60% dei casi, a confrontarsi ogni giorno con uno dei sintomi più invalidanti della Vescica Iperattiva, ovvero l'incontinenza urinaria da urgenza, che comporta conseguenze pesanti sulla qualità di vita.


Nel nostro Paese i trattamenti farmacologici per l'incontinenza da Vescica Iperattiva non sono rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale a differenza di quanto avviene per l'incontinenza causata dall'iperplasia prostatica benigna, che colpisce esclusivamente la popolazione maschile. A fronte, dunque, della medesima sintomatologia, il Servizio Sanitario Nazionale discrimina le donne.


Per questi motivi, con il Forum di oggi prende il via Donne VIP, una campagna di sensibilizzazione sull'incontinenza da Vescica IPerattiva che, con incontri regionali, un cortometraggio e un sito web (www.donnevip.it), vuole far emergere una patologia finora sommersa, rompere il muro di vergogna che la circonda e sensibilizzare le istituzioni su una discriminazione di genere per quanto riguarda un equo accesso alle cure.



Capito? Gli uomini hanno le medicine gratis, le donne no. Ed ecco svelato il motivo per cui i bagni delle donne hanno sempre la fila:


lunedì 24 ottobre 2011

Il liofilizzato della discordia.

Una volta, tanto tanto tanto tanto tempo fa, si andava a fare la spesa nei negozietti sotto casa. Si andava dal verduraio, dove si scrutava la freschezza di una zucchina, l'odore di un melone, il colore di un rapanello. Poi si andava dal macellaio, esigendo la carne più fresca, stando là a disquisire due ore sul prezzo di una fettina di filetto. Poi era il turno del panettiere, del salumiere, del giornalaio, del pescivendolo, si portavano i pantaloni a fare l'orlo, le scarpe a risuolare, si passava in posta a mandare un vaglia a quella sorella lontana, si passava a far visita a una cugina appena diventata mamma, poi si tornava a casa, a preparare da mangiare per tutta la famiglia. Una volta, tanto tanto tanto tanto tempo fa, tutte queste cose le facevano le donne, sia che lavorassero, sia che stessero a casa.
Poi vennero i supermercati e i negozietti sotto casa chiusero o si trasformarono in lussuosissime boutique gastronomiche dove farsi preparare una cena 5 stelle Michelin per fare bella figura con gli ospiti. Le donne lavoravano sempre di più e avevano sempre meno tempo per fermarsi a contrattare col macellaio. E gli uomini iniziarono anche loro a riempire i carrelli. Poi i supermercati si ingrandirono, iniziarono a tenere aperto con orario non stop, poi anche la domenica, poi fino alle 10 di sera, poi tutta la notte, seguendo sempre più i tempi delle persone.
Poi vennero i take away e le consegne a domicilio, e così, non c'è stato più bisogno nemmeno di fare la spesa: una sera pizza, una cinese, una giapponese, una panino, e così via.
Poi, al sesto giorno vennero i surgelati. E i piatti liofilizzati. E atrofizzati. Ricette gustosissime, ridotte in polvere o in cubetti, da far rianimare in padella con un filo d'olio. O direttamente in microonde. La meraviglia della scienza e della tecnica. A volte, un surgelato ti salva la vita.
Ma in tutta questa breve cronistoria del mercato alimentare italiano, il dato più importante è che le persone che vanno a fare la spesa sono oggi di tutti i tipi. Resiste uno zoccolo duro di massaie (ormai ultrasettantenni) che va a fare la spesa "di precisione", poi c'è la massa dell'Italia che lavora e che si arrangia con il supermercato sotto casa o con l'ipermercato al sabato, buttando nel carrello cose a lunghissima conservazione e a brevissima cottura, e infine i nuovi paladini della cucina sana, che fanno la spesa con i gruppi di acquisto solidali, si organizzano con il contadino della campagna vicina (meglio se dotato di sito internet da cui fare l'ordine e pagamento con carta di credito). Poi c'è chi, come me, fa il consumatore trasversale e passa da un tour antropologico dei pochi negozietti superstiti, a una bulimica incetta di prodotti surgelati del supermercato, a un'attenta selezione di verdura e frutta del contadino. La nostra società è in rapido mutamento. Ci sono sempre meno soldi, meno tempo, più tecnologia, più stimoli, più soluzioni. Quello che  andava bene fino a dieci anni fa, oggi non va più. Le cose cambiano in fretta, le persone si muovono, non si affezionano più a nulla, i consumi si evolvono. Bla, bla, bla.

E in tutto questo è bello sapere che c'è un mondo dove tale evoluzione non esiste. Un mondo dove le donne continuano a cucinare, a fare la spesa, a cercare di compiacere il marito brontolone, a coccolare i figli pigroni. Questo è il mondo della pubblicità. Di certa pubblicità, almeno. Di questa, per esempio:




Attenzione mogli! Attenzione mamme! Ehi, noi pubblicitari ci siamo evoluti eh. Lo sappiamo che ormai non cucinate più niente di decente e che comprate solo surgelati e liofilizzati. Ecco allora, guardate qua: questi piatti gustosi vi faranno fare un'ottima figura. Quasi quasi sembrerete le donne di una volta e vostro marito, che si siede a tavola aspettando il tiggì e la cena, ve lo riconoscerà. E non vi picchierà più con la cinghia.


Insomma, non importa cosa si cucini, se la ricetta originale del ragù alla bolognese con lasagne fatte in casa oppure tagliatelle espanse con un procedimento chimico brevettato, l'importante è che cucini una donna. Cioè, una tipo me, che ho 36 anni e mi danno della signora quando entro nei negozi (vi rendete conto?). Io che oggi ero proprio al supermercato e in fila davanti a me c'erano 3, dico 3 uomini. Il "capofamiglia" col carrello pieno (reparto gastronomia, reparto macelleria, frutta, verdura, pasta, cartaigienica), il giovane salutista con un sacchetto di fagiolini e uno di kiwi (che pena) e lo studente universitario con il carrello pieno di sughi pronti e, appunto, surgelati e pasta liofilizzata. Ma nel mondo immobile della pubblicità, sarà sicuramente una donna a cucinare quei surgelati allo studente. Forse la coinquilina? La fidanzata studentessa di ingegneria? L'amica che lavora nel call center? O forse verrà direttamente la madre, che anche se il figlio studia fuori sede, come milioni di giovani italiani, riesce a recarsi ogni giorno all'ora di pranzo a casa sua per cucinargli un pranzo "come una volta".
Scusate, adesso devo andare, mi è venuta voglia di guardarmi una puntata dei Jefferson.

giovedì 20 ottobre 2011

Una parola di 7 lettere: GARNIER

Ricevo una segnalazione commovente, e ve la giro.

Allora, non voglio parlare del giornalismo, né dei contenuti degli articoli che vengono messi in onda. 
Però sono stata un po' male in questi giorni e mi è capitato di riaffacciarmi ad un universo di cui, stando via durante il giorno, avevo perso memoria.
L'universo dei tg dell'ora di pranzo e dei suoi conduttori o, meglio, delle sue conduttrici (che mi pare qui ci sia parità nei numeri a dire il vero).

Insomma io vorrei essere lì di fronte a loro sotto la telecamera che le inquadra e guardarle dritte negli occhi, da vicino. Io a queste signore chiederei in ogni momento, come fossi una pazza disadattata, ma vi ascoltate? Ma sentite la notizia che state leggendo? L'avete scritta voi, no?
È inutile sorridere, non c'entra niente; è inutile ammiccare se state parlando di miserie. Miserie che non è solo una parola di 7 lettere come Garnier.
A tratti avete scelto di parlare di tragedie che no, non sono quelle che emergono dal collo non ben coperto dal fondotinta. E santo cielo, mi arrabbio anche con me: perché osservo questo e non ascolto, non  mi concentro sui contenuti? Certo a tratti non ci sono (sono salva...). Santo cielo, appunto: ma è proprio necessario che a queste donne venga sparato in faccia un fascio di luce che le illumina tipo Madonna? L'effetto è straniante fateci caso: non hanno rughe e ti vien voglia di pregare queste madonne dei nostri tempi, pregare che la smettano.

E infine mi chiedo: perché è così difficile, per molte donne, dare una notizia senza coprirla dai lunghi capelli? E perché per gli uomini è più semplice?

Ora, tutti insieme, rivolgiamo un pensiero accorato a tutte quelle anchor-women che hanno protestato e si sono opposte a contenuti e metodi del giornalismo televisivo degli ultimi anni. E per questo sono state allontanate. Rivolgiamo un pensiero a quella giornalista inglese che, giudicata troppo vecchia, è stata destinata "ad altro" in BBC.
E poi, dopo questo minuto di raccoglimento, vorrei dire anche la mia.
Io non so decidermi. È vero che anche l'occhio vuole la sua parte e che "bello" è meglio di "brutto", a parità di competenze. Quella di mettere telecronisti esteticamente gradevoli può essere una scelta. Ma allora perché non TUTTI i telecronisti? Chiudo un occhio sull'abuso di trucco e parrucco nell'informazione giornalistica in TV solo se mi sostituite gli attuali uomini (tipo Fede? Tanto per dirne uno) con uno appena uscito da una sfilata di D&G. Lo voglio giovane, carino, occhi profondi. Meglio se in camicia un po' aderente che lasci intravedere pettorali scultorei. Mani curate, abbronzatura naturale. Voce profonda. Denti bianchi e curati, che quando sorride (perché ogni tanto DEVE sorridere) diano luce ai lineamenti del viso. E, ovviamente, laureato e iscritto all'ordine dei giornalisti. 

Comunque segnalo una case-history d'eccellenza: i tg di Sky sono condotti secondo questo spirito di uguaglianza. Un uomo e una donna insieme. Entrambi giovani, entrambi belli. Poi, fra qualche anno, non so che fine faranno. Magari in pasto ai barracuda dell'acquario aziendale. Ma è il mondo dello spettacolo, baby!

martedì 18 ottobre 2011

Risposta al quesito precedente: "Sì"

Qualcuno sembra essersi fatto la stessa mia domanda. E sono arrivate le risposte: per esempio qui.
Volevo solo rilevare (e poi la smetto, prometto) che non ho dati statistici ufficiali ovviamente, ma dalle immagini degli scontri sembra evidente che le donne siano comunque sempre una minoranza. Qualcuno dirà "E meno male". Ma io non so. Facendo uno sforzo per sospendere ogni giudizio negativo sull'accaduto, per tenere solo una fredda statistica, resta sempre il solito dato: il grosso lo fanno sempre gli uomini. Anche in contesti dove si predica la distruzione di tutto ciò che è rigido, vecchio, conservatore, discriminante. Sì, vabbè, si dice che le donne abbiano sempre contribuito a fare la guerra (e anche l'amore). Ma in che percentuale (per entrambe le cose)?
Non so cosa mi sia preso. Eppure la matematica l'ho sempre detestata.

lunedì 17 ottobre 2011

Ma i black bloc sono anche donne?

Post in differita da ieri pomeriggio.

Sono su un treno e per una volta c'è qualcosa di peggio di cui parlare. Insomma, la brutta notizia non è che sto viaggiando con Trenitalia lungo l'infinita tratta Roma-Trieste. La brutta notizia è che nelle ultime ore mi sono proprio voluta male.
Intanto ho finito di leggere l'ultimo libro della Mazzantini: Nessuno si salva da solo. E, a commento di ciò, aggiungerei anche "E sticazzi". Bello, eh, per carità. Molto. Ma, tanto per darvi un'idea, cito la quarta di copertina:
"- Dillo.
- Cosa?
- Dì che non mi ami più. Dillo adesso che siamo in pace… così me lo faccio scendere.
Gli sorride con quei denti che si sono ingoiati il paradiso.
-  Non ti amo più, Gaetano.
Annuisce e ride con lei…poi gli occhi si fermano e si gonfiano di tutto, come quelli dei bambini.
- Dillo anche tu.
- Io non lo posso dire.
- Dillo.
- Non ti amo più, Delia.
- Lo vedi…lo possiamo dire."
Diciamo che se sei già incline al suicidio (tipo perché ti sei appena separato), non è proprio un'iniezione di ottimismo. Poi ho insistito ascoltando un paio (no, dico, un paio!) di album dei Baustelle. Non so perché, vi giuro. Erano là nell'iPod, infidi, sotto la lettera B, e mi sono partiti quatti quatti dopo la raccolta di Barry White. Quindi cercate di immaginare: io sul treno, altezza Bologna, che passo dal mood Jimmy Z degli anni Ottanta al decadentismo paranoico di oggi. Dalla cocaina all'eroina. E senza assumerle.
E poi cazzeggio col computer, che è domenica e non lavoro. E continuo a farmi del male, perché faccio quella cosa balorda che faccio quando ho bisogno di un po' di adrenalina. Leggo il sito del Giornale e del Manifesto. Affianco le finestre e mi sparo questo trip incredibile. Oggi c'era da godere parecchio, in effetti. Solo che poi questa esperienza ti lascia esanime sul sedile. E cerchi di tirarti su pensando all'ultimo libro che hai letto o all'ultima canzone che hai ascoltato.

Ma insomma, dopo aver letto l'editoriale di Feltri sul Giornale, che titolava "Altro che indignati, sono criminali" e quello di Valentino Parlato sul Manifesto, che titolava "Una epoca nuova", ho cercato di farmi un'opinione equilibrata in merito a quello che è successo ieri a Roma. Che poi ero là anche io, e un po' d'indignazione ce l'avrei avuta, eh. Sono andata a trovare una cara amica, incinta di 7 mesi, e per un attimo abbiamo pure pensato di affiancarci al corteo, di ingrossarne le fila (che nel suo caso - ma anche nel mio, pur non essendo incinta - sarebbe riuscito benissimo). Siamo scese dalla metropolitana e abbiamo saputo che si stava scatenando la guerriglia urbana. Così, abbiamo ripiegato su un surreale giro per le vie deserte della città, lontano dai tafferugli, ingrossando le fila di quelli che passeggiavano per via Condotti, in cerca di una boutique dove spendere dai tre ai cinquemila euro.
Ora, riavutami dallo choc di aver letto per intero un editoriale di Feltri (il suo pensiero più illuminante: "Quello dei giovani è sempre stato un falso problema che si risolve lasciandoli invecchiare."), e da quello di Parlato (a proposito degli scontri: "è bene, istruttivo che ci siano stati. Sono segni dell'urgenza di uscire da un presente che è la continuazione di un passato non ripetibile."), mi pongo delle domande.
Tipo: ma per fare il black bloc c'è un corso? Cioè, come fai a diventare black bloc? Ti iscrivi? Su facebook? Cioè, questi qui si saranno coordinati, si saranno dati un appuntamento da qualche parte, tipo come quando ci sono i flash mob. Insomma, non saranno un'entità aliena che si materializza improvvisamente solo durante le manifestazioni (solo durante alcune: quelle italiane). Quando sei un black bloc che vita fai? Quando non devi incendiare un cassonetto per esempio, come impieghi il tuo tempo? Leggi? E cosa leggi? Immagino non la Mazzantini. E che musica ascolti? Forse i Baustelle sì. Di sicuro non Barry White. Che guardi in tivvù? Perché ce l'avrai una tivvù. E non posso credere che tu non abbia mai dato nemmeno una sbirciatina al Grande Fratello. Su dai, ammettilo che per cinque minuti ci hai pensato anche tu a come sarebbe stare in quella casa, senza niente da incendiare. O forse sei veramente un duro e puro: senza tivvù, senza computer, senza telefonino, senza casa, senza lavoro. Una situazione molto simile a un sacco di gente che invece sfilava pacificamente nel corteo. Però il black bloc spacca tutto, lancia sampietrini, incendia cassonetti, prende a mazzate le macchine posteggiate. "Non chiediamo un futuro, ci prendiamo il presente" dicono in uno striscione. Ma si saranno messi d'accordo per fare quello striscione, no? Cioè, uno avrà detto: "Oh, chi porta lo striscione? Che ci scriviamo su?" Avranno fatto un brainstorming. Si saranno telefonati.
"Metti fuck the system"
"Noo, già sentito"
"Allora metti 'spacca tutto'"
"No, troppo semplice, quello lo scriviamo sui muri con lo spray, che fa più scena"
"Elaboriamo un concetto simbolico"
"..."
"..."
"Chiamiamo un'agenzia di pubblicità?"
Ecco, io vorrei sentire le intercettazioni dei black bloc. Quello vorrei sapere. Che le conversazioni tra le giovani adepte del pdl hanno un po' stufato. Possibile che dei black bloc non si sappia niente? Qualcuno lo hanno arrestato. Me lo intervistate per favore? Mi dite chi è e che ha in testa, a parte il casco? Ma interessa solo a me dare un volto e un nome alla causa di tutto questo? Cioè, mi pare abbastanza importante sapere, capire, punire. Così magari ci evitiamo pure altri editoriali di Feltri. O di chi ci specula su.
E infine, siccome siamo su Donne in ritardo, mi chiedo: ma esistono le black bloc donne? O sono tutti maschi? In quel presente che vogliono prendersi subito, hic et nunc, ci sono le pari opportunità? O il presente se lo prendono con tutto lo schifo che c'è dentro? A scatola chiusa. E le donne black bloc che ruolo hanno all'interno di questa pseudo organizzazione? Lavano le magliette dopo le manifestazioni? Preparano gli ingredienti per le molotov? Stanno nelle retrovie a curare i feriti, oppure stanno indistintamente in prima linea?
Vi lascio, oltre che con questi brillanti interrogativi, con la testimonianza di una donna al corteo. Molto indignata, a questo punto, un po' per tutto.
Leggete qui.

giovedì 13 ottobre 2011

Sono bieca: comprate "La comunicazione liberata"


Doveva accadere prima o poi che io facessi una bieca operazione commerciale, violando la natura sociale di questo blog. Ma posso spiegare. È per una buona causa.
Nel post precedente, raccontandovi i sordidi dettagli di un bagno dell'Autogrill, ho sorvolato sulla ragione per cui mi stavo dirigendo a Reggio Emilia. Stavo andando a presentare un libro speciale, che si chiama La comunicazione liberata. L'idea di questo libro è venuta a Luca Cian, assiduo commentatore di questo blog, che da Detroit ha orchestrato diversi fenomeni che bazzicano attorno ai temi della comunicazione e li/ci ha obbligati a scrivere delle cose sensate. Io ovviamente ho scritto la mia sul marketing deviato e non me ne vergogno. Si tratta di un testo a tratti un po' complesso, e anche un po' sovversivo. Per dirla in due parole, spiega attraverso le voci di vari esperti del settore, come mettere in mano dei più deboli gli strumenti della comunicazione, storicamente appannaggio dei più forti. Ed ecco perché ve ne parlo qui, in un blog di deboli.
E a questo punto mi sento di fare una citazione colta:


Sì, si può fare! E penso alla rete di donne che, partendo da un blog o da un gruppo su facebook, sfruttando quindi gli strumenti della comunicazione online, stanno creando un vero e proprio movimento d'opinione e d'azione. Scrivono lettere allo IAP, a giornali, a Istituzioni, si incontrano e danno notizia di sé. Penso a PontitibetaniPensieri di StefaniaIpazia è(v)vivaPresa nella reteMamma EconomiaThe Working Mothers ItalyMammamsterdam e tanti, tantissimi altri. Non sapete quanti. Insomma, la via del cambiamento reale è possibile.
E adesso andate a comprare il libro, su, che i guadagni vanno pure in beneficenza (no, non a me).

martedì 11 ottobre 2011

Quello sporco bagno dell'Autogrill

Signore e signori, buongiorno. Ho lasciato volutamente passare sotto silenzio il giorno del mio compleanno per non sentirmi obbligata al solito bilancio della vita. Bilancio che in genere faccio, appunto, quando compio gli anni e non a Capodanno, quando potrei essere sempre troppo ubriaca per farlo. Comunque andiamo avanti. Ho un anno in più e invecchio con dignità (anche perché mi sono iscritta a pilates, attività tipica di chi vuole combattere l'artrite e l'osteoporosi - tipo Madonna).
Ho fatto passare quindi un po' di giorni nel silenzio, ma friggevo per raccontarvi una cosa.
La scorsa settimana sono andata per lavoro a Reggio Emilia. E siccome era un momento di mio odio nei confronti dell'umanità intera, ho scelto di andarci in macchina e di evitare così qualsiasi contatto umano e disumano in treno. E, diciamocelo, ho scelto soprattutto di evitare Trenitalia con tutto ciò che si porta dietro. Ah che meraviglia. Se fatti sporadicamente, i viaggi in macchina sono una vera pratica zen. Senti la musica che vuoi, ti fermi quando ti pare, parli da sola facendo considerazioni profonde sul senso della vita (senza che nessuno ti contraddica), e quando hai bisogno di adrenalina ti immagini sfide all'ultimo chilometro con quel monovolume che ti ha superato due minuti prima. E poi c'è tutto l'universo dell'Autogrill. Un mondo veramente affascinante. Dove, non si sa perché, tutti si sentono in dovere di comprare un biglietto della Lotteria Italia, come se ci fosse la consapevolezza che tanto, nella nostra vita quotidiana del paesello, non si vince mai niente, mentre è nei luoghi casuali di passaggio che si annida la fortuna.
Mi sono fermata tipo a Bologna, per far benzina e bermi un caffè. Più tappa obbligata in bagno. Lo so, ho già affrontato in passato il tema del bagno. Che vi devo dire? Mi farò vedere da uno bravo. Però è li che ho notato una cosa fastidiosa. Come al solito, c'erano i soliti simboli (anche di simboli ho già parlato...aiuto!) che indicavano "uomini" da una parte e "donne" dall'altra. E in più, sulla porta delle donne c'era anche il simbolo della mamma che cambia il pannolino al figlio. E infatti poi entri e vedi che sul ripiano dei lavandini è poggiato un fasciatoio. Uau. Intanto facciamo progressi, perché non so da quanti anni gli Autogrill siano dotati di un tale servizio. Sicuramente quando da piccola viaggiavo con i miei genitori, mi cambiavano sul cofano della macchina. Un sollievo d'inverno e un inferno d'estate. Comunque, il fato ha voluto che proprio in quel momento scendesse ai piani bassi un padre con un neonato in braccio. E allora mi sono fermata a gustarmi la scena. Il padre si ferma. Guarda il simbolo della donna che cambia il figlio e subito assume un'espressione di inadeguatezza. Quel simbolo gli sta dicendo: "Ma sei rimbambito? Non lo sai che sono le mamme che devono cambiare i pannolini? Non penserai veramente di poterlo fare tu?" Con grande forza d'animo, vedo che prova a entrare nel bagno degli uomini e gettare uno sguardo impaurito, alla ricerca di un fasciatoio anche lì. Niente. Solo cumuli di carta bagnata sparsa ovunque (i bagni degli uomini sono sempre così, e non è uno stereotipo). Il bambino inizia a piangere. Il padre esce dal bagno dei maschi. Io sono tentata di aiutarlo, di prendere il fasciatoio e di portarlo momentaneamente nel suo bagno, ma mi fermo. La vogliamo finire di pensare sempre a tutto noi? E poi è giusto che la protesta provenga dai padri, in questo caso. Ha più valore. Con un certo disappunto, il padre risale le scale. "Ah! Adesso lo sentiamo". Penso io. Sicuro andrà a protestare con qualcuno dell'Autogrill. "Insomma, possibile che non ci sia un cazzo di fasciatoio nel bagno degli uomini? Costa 7 euro. Non è un grande investimento". Sì, io avrei detto così. Asciutta. Schietta. E invece no. Un minuto dopo, scende la madre, col bambino in braccio, ed entra nel bagno delle donne per cambiarlo.
Caporetto.
Disfatta su tutto il fronte.
Risalgo e vedo il padre con aria finalmente sollevata, che si beve il suo caffè.
"Datemi un biglietto della Lotteria, va..."