venerdì 23 agosto 2013

Ragazze ininterrotte

Sono passati quasi due mesi dall'ultimo mio post, il che farebbe inorridire qualsiasi analista di social strategy, ma siccome non devo vendere niente, posso permettermi di dire "chissenefrega". Però un attimo, "chissenefrega" fino a un certo punto, perché in realtà non sto attraversando un periodo di perdita di interesse o di scarsa motivazione. Non mi sono stufata di scrivere su temi legati alle questioni di genere, né ho smesso di occuparmene. In realtà, la causa del mio recente silenzio è proprio l'opposto (sì, vabbè, ho fatto tre settimane di ferie, ma che c'entra). In realtà sono stata meno a scrivere e più ad agire. Perché arriva un momento nella vita di ognuno di noi, in cui, dopo aver segnalato un problema, bisogna fare qualcosa per risolverlo. Cioè, non si può mica stare a segnalare per tutta la vita, no?
Posto che credo comunque molto nell'attività di denuncia di questo e di altri blog e che quindi non smetterò mai di parlarne, ho avuto voglia di realizzare alcune idee che mi sono venute strada facendo.

Oggi vi parlo della prima idea, che adesso si è concretizzata in un vero e proprio progetto.
Per inquadrare il campo di intervento, vi racconterò un eloquente episodio vacanziero.

Esterno giorno.
Spiaggia.
Temperatura esterna: 2000 gradi.
Temperatura del mare: appena sotto la soglia dell'evaporazione.
Unica strategia anti caldo vincente: praticare l'immobilismo assoluto.
Velocità bioritmo: zero.
Velocità metabolismo: zero (il che significa quindi assimilazione istantanea anche delle calorie degli esseri viventi circostanti).
Encefalogramma: piatto.
Unica attività intellettuale: costante osservazione sociologica sul campo.
Soggetti osservati: famiglia italiana media, composta da padre, madre, figlia dodicenne.
La ragione per cui ho osservato solo questa famiglia è che sono stati anche loro immobili per otto ore di fila e questo per me è stato molto rassicurante.

Evento della giornata: verso le sei e mezza di sera, mentre iniziamo un po' tutti a sbaraccare le nostre postazioni balneari, regalando finalmente a quella spiaggia una parvenza di vitalità, succede qualcosa.
Un signore dell'ombrellone vicino, che evidentemente si è dedicato alla mia stessa attività, è andato a congratularsi personalmente con la madre della famiglia italiana media.

"Guardi, le devo dire che ha una figlia BRA-VIS-SI-MA. L'ho osservata, sa? Braaava, buooona, è stata tutto il giorno tranquilla, ha letto, è stata con voi...Io invece ho un maschio, sa? Ah, i maschi, che invece non stanno fermi un attimo..."

La signora ha incassato elegantemente, anche con un certo compiacimento. Io a quel punto, vigile come un felino di notte, guardo la ragazza per scrutarne la reazione. Ed eccola lì, l'espressione che mi ha dato la soddisfazione più grande di tutta la vacanza. Che mi ha riempito di orgoglio, che mi ha fatto pensare che sì, sono sulla strada giusta, e sì, è il momento di fare qualcosa di concreto.
L'espressione è la stessa che balenava negli occhi di Angelina Jolie in Ragazze interrotte. Per l'esattezza, questa:


È quell'espressione che anche io, da giovane, da piccola, avevo spesso, un'espressione eloquente, che si può tradurre più o meno così: "Attento, che se scopro qual è la tua auto familiare di merda, te la faccio diventare una Panda, facendoci sbattere la tua testa vuota".

Quell'espressione racconta una realtà molto diversa da quella di cui sembrano compiacersi ancora molte persone oggi. Una realtà che non corrisponde allo stereotipo delle ragazze brave, belle e buone che non danno pensieri ai genitori. La realtà che vuole che le ragazze si comportino in modo decoroso, che restino il più possibile invisibili, che non si facciano sentire. Come un soprammobile per esempio. Come un complemento d'arredo, che si guarda e si ammira per la sua eleganza e il suo abbinamento al resto della casa e che bagnanti qualsiasi si sentono in dovere di elogiare.
Quel signore è andato a congratularsi apposta con quella madre, per le virtù della figlia. Ed era un uomo con una certa posizione, si vedeva, con una certa cultura, la cultura italiana. E quel che preoccupa di più è che quell'uomo ha un figlio maschio. "Esuberante" diceva lui. E beato lui, dico io. E deve averlo pensato anche quella ragazza di dodici anni, che magari avrebbe voluto essere libera di lasciarsi andare come un maschio, senza rischiare di essere rinchiusa in un istituto per ragazze interrotte.

E allora penso che quell'idea che mi frullava in testa da tempo, che adesso è diventata un progetto e che vuole iniziare a educare fin da piccoli i bambini (maschi e femmine) a sentirsi liberi di scegliere i propri giochi e il proprio modo di essere, è un'idea sensata. E deve averlo pensato anche la commissione della mia Regione, che ha deciso di finanziare questo progetto, che si chiamerà "Pari o dispari? Il gioco del rispetto" e che partirà quest'anno scolastico, in quattro asili pilota del Friuli Venezia Giulia, con la distribuzione di kit didattici che insegneranno ai bambini, attraverso il gioco, a superare gli stereotipi e a rispettare la differenza di genere. Così che in futuro, se un dodicenne maschio vorrà essere bravo e buono, potrà farlo senza dubitare della sua identità di maschio e allo stesso modo, se una ragazza vorrà giocare a calcetto sulla spiaggia (o spaccare la faccia a chi glielo vorrà impedire), non si sentirà sbagliata.
L'ho scritto tante volte su questo blog: bisogna partire dall'educazione, dai bambini. Ma non dalle scuole medie, non dalle elementari, quando sono già tutti divisi tra rosa e azzurro. Bisogna iniziare dagli asili, scardinando in tempo gli stereotipi che vogliono le femminucce brave e i maschietti avventurosi.
E quindi adesso iniziamo.

P.S.: il progetto ha potuto vedere la luce grazie a Daniela Paci, insegnante della scuola dell'infanzia, e a Lucia Beltramini, psicologa, che supportano scientificamente e professionalmente questa idea.

16 commenti:

  1. Sono proprio contenta di sentirti di nuovo e di questa bella novità! Attendo ulteriori sviluppi :)

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  2. Sono d'accordo con te, ma penso che una gran parte degli atteggiamenti di genere che i bambini manifestano fin da piccoli sia innato. Mio figlio, per es. ha frequentato il primo anno di nido giocando liberamente con cucinetta e bambole, eppure nel giro dell'ultimo mese ha sviluppato un'improvvisa (forse) e irrefrenabile passione per camion, moto e macchinette. Comunque sono molto contenta che sia stato attivato questo progetto proprio nella nostra regione.

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  3. Congratulazioni per il progetto e mi raccomando tienici aggiornate su come va e se verra' ampliato! Parole E fatti - un'altra anomalia nel panorama della "cultura" italiana

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  4. Che brava....che bel progetto.
    Mai nessuno si è congratulato con mia mamma per la mia tranquillità, mai...eppure i miei genitori mi avrebbero voluto così, come quella ragazzina e ci hanno provato, ma senza risultati...

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  5. Lo dico sempre che sei una grande. Anche i miei genitori mi volevano come la ragazzina invece ero un maschiaccio che si arrampicava sugli alberi e faveva a botte coi ragazzini del quartiere. Congratulazioni x il tuo progetto.

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  6. Grazie a tutte per il sostegno.
    @Duda Tissa, sull'innato gusto dei maschi per auto e camion, direi che non c'è una base scientifica che lo dimostri. Piuttosto, credo ci sia da fare un passo indietro, domandandoci se i giocattoli hanno un sesso. Ovviamente no: un giocattolo è un giocattolo e, come dico ai miei due figli maschi, sta là aspettando che qualcuno lo trovi interessante e ci giochi. Forse un maschio, forse una femmina, forse entrambi, forse in momenti diversi della loro crescita. Il problema non è se un maschio gioca con le bambole o con le macchine. Il problema è quando le sue scelte in una o nell'altra direzione, provocano delle reazioni positive/negative nelle persone con cui vive. Il problema è quando a una femmina che trova interessante un camion, viene dato del "maschiaccio". Oppure viene lodata quando gioca con una bambola (possibilmente in silenzio). Idem per i maschi, invertendo i giochi. Siamo noi che influenziamo, direttamente o indirettamente le scelte dei bambini, noi con la cultura che contribuiamo a creare. Pensateci: quando una compagna di classe dei nostri figli compie gli anni, che regalo le compriamo?

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  7. Ciao. il progetto è visiile in qualche sito? non è possibile reperire questo kit didattico? sono un'insegnante di scuola dell'infanzia e vorrei qualche informazione in più. ma vivo ed insegno in emilia-romagna....

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    1. Ciao Elena, il progetto è in fase di avvio e non sono ancora disponibili i materiali. Se mi scrivi in privato ci teniamo in contatto: motherbrave@gmail.com

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  8. Bel progetto. Complimenti.
    Almeno la prossima dodicenne trattata come un soprammobile potrà avere il coraggio di rispondere a tono al solito uomo italico col cervello più piccolo di un seme di cocomero.

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  9. scardinare il " che la tasa, che la piasa, che la staghi in casa" come paradigma della donna perfettta non sara' facile ma sono contentissima che ci siano progetti in questo senso. in che scuole e' avviato il progetto? anche a Ts?

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    1. Attendiamo le conferme ufficiali delle scuole che aderiscono. Per Trieste, la candidata, previa approvazione formale del Consiglio d'Istituto, è la Scuola dell'Infanzia Duca d'Aosta di Via Besenghi.

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  10. Ciao, ho scoperto questo blog da poco ma ne sono diventata subito un'affezionata lettrice!
    Tra pochi giorni il mio terzo figlio inizierà la scuola d'infanzia, e alla riunione preliminare, la maestra, che già conosco e che pure giudico brava e competente se n'è uscita con due esternazioni che mi hanno fatto ribollire: la prima, è stata la classica indicazione sui grembiulini: "ovviamente azzurro per i maschi e rosa per le femmine", e la seconda, l'osservazione che questa dei treenni sarà una classe non facilissima perché "sono quasi tutti maschi, con le femmine è più facile, le metti a disegnare e stanno buone buone...".
    Mi chiedo, come sia possibile, in un paesino come questo dove abito, cercare non dico di scardinare, ma almeno di insinuare il dubbio che certe posizioni non fanno il bene dei bambini.

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    1. Ciao Lucia, grazie per la tua testimonianza. Il problema è diffuso, altrimenti l'Italia non sarebbe così arretrata in termini di pari opportunità. Ci vuole un lavoro serio e costante di formazione degli insegnanti. Si può fare, ma è un processo che richiede tempo e risorse finanziarie. Per la questione della sicurezza le hanno trovate: nelle scuole si fanno 16 ore di formazione ai docenti su questo tema. Magari, se se ne potessero fare anche solo 8 per parlare dei colori che devono avere i grembiuli...

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  11. ..e questo l'hai visto?
    http://www.repubblica.it/cronaca/2015/03/10/news/trieste_all_asilo_i_bimbi_si_scambiano_i_vestiti_per_la_parita_di_genere_ma_i_genitori_insorgono-109163768/?ref=HREC1-9#commenta

    ciao
    Lucia

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