lunedì 29 ottobre 2012

Orrore a Halloween



Vorrei che guardaste questo. Me l'ha girato Chiara, una creativa molto in gamba che segue da lontano (per sua fortuna) le nostre vicende.
A questo video c'è un precedente di due anni fa, quando Sarah, una blogger del Missouri raccontò che suo figlio di 5 anni si sarebbe vestito da Daphne di Scooby-doo, suscitando un coro di critiche di molti lettori. La sua risposta fu in sintesi questa: “Che sia gay o meno, non m’interessa. È sempre mio figlio, ed ha cinque anni. Ed io sono sua madre. E se avete qualche problema con qualcosa, non ho alcuna intenzione di avere a che fare con voi. Perché il vostro è un ragionamento ridicolo, se mio figlio è gay è ok; lo amerò allo stesso modo. Di certo io non mi preoccupo del fatto che uno dei vostri figli possa diventare un guerriero ninja da grande”.

Tornando al video di oggi, negli Stati Uniti, trovo angosciante la dedizione che queste madri mettono nel cercare a tutti i costi una soluzione a questo problema. Perché questo per loro è in effetti un problema. Per fortuna c'è un happy end. Ma resta comunque un video perfetto per la spaventosa notte di Halloween.

venerdì 26 ottobre 2012

Menù rosa, sul Freccia Rosa, ovvero, quando essere uomo garantisce la sopravvivenza


È passato troppo tempo dall'ultima volta che ho parlato (male) di treni. Sono quindi lieta adesso di riprendere quei vecchi discorsi.
Ricordo con grande commozione il mio primo post su Trenitalia. Era il 1 ottobre 2010 ed era appena stata lanciata la campagna Freccia Rosa per le donne, una surreale promozione che prevedeva sconti alle donne purché viaggiassero accompagnate. Non a caso il titolo di quel mio post era Mille splendidi treni.
Sono passati due anni, ma il Frecciarosa (con una esse) continua a esistere, con tutto il suo contorno di fittizio mondo creato apposta per le donne, come se le donne avessero sempre bisogno di un universo "a parte". Che poi da "a parte" ad "apartheid" il passo è breve.
Ieri parto all'alba da Trieste e trovo ad accogliermi in stazione un Freccia Bianca truccato da Freccia Rosa: 

Ho molto riso per l'ironia involontaria di tutto questo. Le donne viaggiano ad alta velocità. Non lo trovate esilarante? E dove stiamo andando così veloci? Forse a fare la spesa prima che chiuda il supermercato. Non lo so. Ma poi mi fa sempre ridere il concetto di alta velocità applicato ai nostri treni. Soprattutto sul QUEL treno, che per arrivare a Milano ci mette un'eternità.
Ma insomma andiamo avanti.
Parto da sola. Come sempre del resto, quindi niente promozione. Faccio le mie cose a Milano. Riprendo un altro Freccia Bianca truccato.
Stanca morta.
Sento l'impellente necessità di un caffè.
E qui devo dire che una cosa buona Trenitalia l'ha fatta, siglando una partnership con illy. No, non mi pagano per questa affermazione. Lo faccio con piacere per promuovere l'economia della mia città. E anche perché illy è l'unico brand a cui sono veramente fedele. No, ho detto che non mi pagano!
Comunque mi bevo questo caffè nella carrozza bar e inizio a rinascere.
Ma poi muoio di nuovo, perché trovo su uno dei tavolini il menù dedicato alle clienti Freccia Rosa.

E quali prelibatezze hanno deciso di dedicarci questi campioni del marketing? Mmm, una succulenta colazione con Yogurt, bevanda calda e succo. La fiera dell'acido a una modica cifra di 5,50 Euro. E poi un pranzo a 11 Euro. E che mangio per pranzo? Un'insalata (che per darle un senso chiamano insalatONA) e una macedonia. Ah sì, e l'acqua, nel caso non fossi ancora sazia. MENU LIGHT lo chiamano. Anche se il nome più appropriato sarebbe MENU ZERO.
Ma non ero ancora completamente inorridita, perché non so se lo sapete, ma io in realtà sono un'inguaribile romantica. Io ci credo sempre. Sono ottimista. Penso sempre bene. E quindi d'istinto ho girato il menù per leggere le altre proposte sul retro. Magari c'era il menù carne, il menù pesce, il menù wannabe-fat. Non so, magari qualcosa di etnico anche. E invece, come per ogni inguaribile romantica, la commedia si trasforma in tragedia. Dietro non c'era niente. I menù "dedicati a tutte le donne" implicano una colazione da gastrite e un pranzo da fame. Che nemmeno in ospedale ti fanno mangiare così.
Tralasciamo il fatto che 11 euro per fare la fame mi sembrano eccessivi, ma che cazzo di pranzo è? No, okay, magari c'è veramente qualche donna che è a dieta. Ma le altre? Le altre che non sono a dieta, che stanno bene così, che amano le fettuccine al ragù o il filetto in crosta di pane e che l'insalata la mangiano come contorno e non come primo? Le altre, che sono la maggioranza, non sono evidentemente donne. Perché il menù parla chiaro: è dedicato a TUTTE le donne. Per cui se non ti ci ritrovi, vuol dire che sei un uomo. E se sei un uomo non hai bisogno di un menù light, anche se ti esplodono le coronarie dal colesterolo.
Ma a parte gli scherzi, se io fossi un'associazione che si occupa di prevenire e curare problemi legati all'alimentazione tipo anoressia e bulimia, qualcosa direi.
Ecco, io ve l'ho detto. Che non sembri sempre tutto una barzelletta.

mercoledì 24 ottobre 2012

"Faccio le pulizie e poi ti spacco la faccia"

































Ok, abbiamo un problema. Soprattutto io, che ne ho due. Ieri ho dovuto affrontare una discussione molto dolorosa con i miei figli maschi, rispettivamente di tre e quasi-sei anni. Guardavamo la pubblicità dei giocattoli in TV e loro si divertivano a fare la lista di quello che avrebbero chiesto a Babbo Natale quest'anno. Una lista che includeva qualsiasi gioco proposto ovviamente. O meglio, QUASI qualsiasi gioco. Per la precisione solo i giochi socialmente individuati come giochi per maschi. Quando sono arrivate le pubblicità delle varie principesse, c'è stato un coro di BLEAAAAAH! Accompagnato da cori da stadio e da considerazioni del tipo: "Che schifo! Sono giochi per femmine!"

Confesso che sul momento (ma forse ancora adesso) avrei preferito che mi dicessero: "Mamma, volevo dirti che mi drogo da quando avevo due anni e mezzo". Oppure: "Mamma, io in realtà non sono tuo figlio, sono una marionetta".
Cose così.

Invece ho dovuto sentire e subire tutto questo in silenzio. Oddio, in silenzio non tanto. Chi legge questo blog da un po' di tempo, può immaginare la mia reazione a riguardo. Ho ristabilito l'ordine soltanto dopo averli minacciati di buttare alle fiamme la loro cucinetta Ikea con tutte le pentole e i bicchieri, di defenestrare il bambolotto che piange quando gli levi il ciuccio, di buttare nell'immondizia l'aspirapolvere e di bastonarli con il mattarello che usano per preparare i biscotti col papà. Così potranno veramente iniziare la loro tanto amata vita da maschioni.

Come se tutto ciò non bastasse, la situazione si è anche aggravata con lo spot del nuovo castello di Cenerentola di Mattel. Purtroppo non l'ho trovato in rete, ma recita più o meno così: "bla bla bla...magia...bla bla...sogni...bla desideri...bla bla bla...finisco di pulire e vado al ballo...bla bla...felicità...principe...bla bla bla"

EH??? FINISCO DI PULIRE E VADO AL BALLO???

Ma siete completamente rincoglioniti o cosa?
Già la storia di Cenerentola è avvilente per qualsiasi donna, e di questo abbiamo già discusso ampiamente in passato (basta che digitiate "Cenerentola" nello spazio di ricerca su questo blog). Già dobbiamo ancora oggi fare i conti con le false aspettative che quella fiaba ci ha indotto, e quando pian piano, forse e con tanti sacrifici ne stiamo venendo fuori, ecco che ci propinano la versione peggiorativa della storia! Cioè, almeno nel film della Disney era chiaro che Cenerentola era infelice con la matrigna e le figlie! L'abbiamo vista piangere, povera creatura! Lei non voleva fare la serva! Voleva andare al ballo e sposare il Principe.
E invece in questo spot che mi dicono? "Finisco le pulizie e vado al ballo". Lo so, lo so, sembra un'inezia, un particolare insignificante. Sembra che mi fisso. Ma la questione invece è importante. Le parole sono importanti. Soprattutto quelle buttate là, in uno spot per un giocattolo per bambini. Non c'è tensione in questo spot, non c'è dramma. Tutto è bello, magico, fantastico. Altrimenti il gioco chi se lo compra? Ma così passa anche il concetto che è ASSODATO che prima di andare al ballo si devono finire le pulizie. Come quando dico ai miei figli maschi: se prima non mettete a posto non si va a casa degli amici. E così la Cenerentola di quello spot non soffre a fare le pulizie. No. Dopotutto sono solo una fase necessaria prima di andare a divertirsi. E infatti nel castello di Cenerentola ci sono le stanze fatte apposta per sintetizzare e stemperare in un unico ambiente tutta la sua storia. Troviamo l'armadio con il primo vestito, troviamo il vestito del ballo e troviamo la scopa col secchio. Tutto insieme.
Ma dovete sentire poi il tono con cui la bambina-Cenerentola dice "Finisco le pulizie e vado al ballo"! Serena, emozionata, felice. Un film dell'orrore.

Ma poi sembra che io non voglia fare le pulizie e ce l'abbia con l'igiene domestica. Ma no. Va bene. Facciamole queste pulizie. Anche prima di andare al ballo. Però voglio che poi, anche i Bakugan, anche i Gormiti, i Ninjago e tutti i mostri del mondo facciano la stessa cosa prima di andare a combattere. Voglio sentire il prossimo spot di Ben Ten che dice "Faccio le pulizie e poi vengo a spaccarti la faccia". Allora va bene.
Intanto, il castello di Cenerentola sarà il regalo di Natale dei miei figli.

martedì 23 ottobre 2012

Parenti serpenti


Riprendo da uno dei commenti al mio post precedente "Lo scarrafone": le famiglie di chi si macchia di violenza contro le donne hanno spesso una responsabilità indiretta per l'educazione che hanno impartito ai loro figli, anche se spesso negano di averne una. Anzi, in genere si comportano come se fossero loro a subire dei torti, un ingiustificato accanimento.
Per questo pubblico, su indicazione di Patrizia Menchiari, che ringrazio, una lettera tratta da La 27esima ora del corriere.it. Si tratta di una lettera che ha scritto tale Giovanna, 37 anni, ai genitori del suo stalker. Ma potrebbe anche essere di Carla, Francesca, Federica e qualsiasi altro nome.
La morale della storia è: per cortesia, cari genitori di figli maschi (tra cui mi inserisco anch'io), impegnatevi a educare i vostri figli come se steste educando delle figlie femmine, con la stessa attenzione. Fatelo innanzitutto per loro. Ve ne saranno grati. E con loro anche molte donne. E infine i loro figli, che poi saranno i vostri nipotini. QUESTA è la vostra responsabilità.
Gentili Signori,
l’onorevole titolo di “figlia acquisita” di cui mi avete insignita, mi autorizza ad esprimere il mio parere in assoluta libertà senza chiedere autorizzazioni o porgere scuse (…). Un antico ma particolarmente calzante detto recita “La verità è figlia del tempo” e proprio nel tempo è venuto a galla quanto per anni avete cercato di insabbiare.
La mia più grande soddisfazione ad oggi non è tanto la carcerazione di Carlo quanto l’avervi messo davanti ad uno specchio. Nessuno ha brindato o gioito il giorno della sentenza, si è provata solo un’immensa tristezza confortata dalla consapevolezza del trionfo della Giustizia. L’unica soddisfazione che mi sto togliendo è scrivere queste righe che non sono dettate da astio o risentimento ma da semplice buon senso.
Sono state commesse troppe leggerezze nell’educazione di Carlo (…) Si è preferito soprassedere sulle anomalie del suo comportamento sia per non alimentare pettegolezzi tra vicini e parenti sia per l’altissima considerazione in cui viene tenuto il figlio maschio, magari provando una punta di orgoglio nel vedere che sa come farsi “rispettare” dalle donne.
Ma a chi è giovato? E’ valsa la pena rovinarlo per non aver voluto imporsi e per non aver avuto l’umiltà di ammettere di non possedere gli strumenti per ricondurlo sulla retta via, cedendo il posto a specialisti quali psicologi o assistenti sociali che potessero farne un individuo autonomo, onesto, dignitoso, capace di badare a se stesso? (…) La polvere va rimossa, non nascosta sotto al tappeto.
Avreste potuto anche denunciarlo compiendo così il più grande atto d’amore nei suoi confronti tendendogli una mano per salvarsi da se stesso. Ma avete preferito limitarvi a sgridarlo ogni tanto come si fa coi bambini quando lasciano i giocattoli in disordine e il fatto che il nostro sistema giudiziario non vi reputi perseguibili, vi esonera sì da responsabilità legali e formali, ma non morali.
Generando un figlio avete sottoscritto una sorta di “contratto” con la società, contratto che vede i genitori garanti della consegna ad essa di una persona degna di farne parte: cosa vi ha autorizzato ad infrangere questo patto? Chi vi ha autorizzato a consegnare al mondo una persona con così tanti squilibri, che gioca a rovinare la vita degli altri? Cosa è stato per voi più importante del benessere di vostro figlio? (…)
Non sono madre, ma sono figlia e se sono cresciuta sana, con una formazione adeguata ai tempi e capace di badare a me stessa, è stato soprattutto grazie ai divieti opposti dai miei genitori che si sono tradotti in dolorosi ma formativi NO. Se io sbaglio nessuno mi compra un’auto più potente della precedente o mi permette di togliermi il capriccio del cane o mi copre inventandosi le scuse puerili che sentivo a casa vostra, una per tutte quella dell’invidia dei parenti…Invidiarvi per cosa? per i pavimenti brillanti forse, ma a che serve una casa tanto pulita se sono sporche le intenzioni e la coscienza?
Il messaggio che avete trasmesso a Carlo è che chi sbaglia non solo non paga ma viene perfino premiato.
(…) Se vi foste comportati come dei genitori e non come degli albergatori, a quest’ora la situazione sarebbe molto diversa: a Carlo non servono lenzuola pulite o gustosi manicaretti o camicie perfettamente stirate che lo rendano credibile, ma persone che siano per lui di esempio. E comportarvi civilmente con le sue vittime, dopo tutto quello che ci avete costretto a sopportare, avrebbe potuto rappresentare un momento significativo per lui, mentre avete assunto l’atteggiamento di chi il torto lo ha subito.
A che è servito coprirlo, difenderlo, appellarsi quando è indifendibile anche agli occhi del suo stesso avvocato? Cosa potete ancora opporre agli atti dei Tribunali, tutti assolutamente concordi sull’attitudine delinquenziale? Se non avete voluto aiutarlo a crescere, accettate che ora siano le istituzioni a farsi carico di 38 anni di omissioni.
(…) Non si è voluto prevenire, nonostante le numerose avvisaglie che il ragazzo vi ha mandato negli anni, a danni fatti  ma nemmeno correre ai ripari con il risultato che le istituzioni ora semmai lo puniranno e non lo rieducheranno, peggiorando così una situazione già molto critica. E purtroppo siamo state noi vittime a chiederne l’intervento esponendo noi stesse e le persone a noi vicine al rischio di ritorsioni e vendette future.
(…) Dove eravate mentre con me si comportava in modo tale da farsi condannare a due anni di carcere o mentre tormentava le altre vittime? Ha sempre vissuto con voi se ben ricordo.
So bene che chiedergli chiarimenti comporta minacce se non aggressioni, ma voi siete la sua famiglia ed è vostro preciso dovere prendere provvedimenti preventivi o riparatori: abbiate il coraggio di affrontarlo, è il vostro sangue, non potete ne’ temerlo ne’ ignorarlo, sarebbe come dire che temete la vostra testa o il vostro cuore. E se doveste avere la peggio, a parer mio è più giusto e coerente che al pronto soccorso ci finiate voi piuttosto che la sottoscritta.
(…) Mia madre, anche se sono alla soglia dei 40 anni, fruga ancora nelle mie tasche e nel mio cestino se fiuta qualcosa di poco convincente che mi riguarda. Non vi mancano la luce e l’aria nel tenere continuamente la testa sotto la sabbia?
(…) Siete stati talmente “distratti” da non riuscire a controllarlo nemmeno nel periodo dei domiciliari: rendendo inaccessibili telefoni e computer forse si sarebbe risparmiato una condanna. E dopo aver perso anche in appello, un giorno l’ho trovato a 200 metri da casa mentre andavo in ufficio alle 9.15 del mattino intento a simulare un incontro casuale per avvicinarmi e provocarmi. Episodio che mi ha costretta a deviare verso il Commissariato……ma chi è Carlo per voi? Possibile non riusciate a tenerlo a bada nemmeno in un momento così delicato? Cosa aspettate per intervenire, un omicidio? Sforzatevi di vedere il positivo di questa vicenda: non dovrete più fingere normalità e spensieratezza.
La messa in scena è terminata, non dovete nemmeno più simulare quell’ipocrita aria trionfante che avevate nel mostrarmi il casellario nel 2006 quando ancora godeva del beneficio della non menzione. Umanamente è comprensibile l’amarezza che provate, ma è l’atteggiamento di sufficienza che avete assunto ad essere quasi diabolico. Fate che Carlo sia e resti un problema vostro e non mandatelo in giro a turbare la serenità di famiglie oneste (…)
Se poi siete talmente avvezzi a trattare con poliziotti e avvocati da pensare che facciano parte del quotidiano di chiunque, vi informo che personalmente ho varcato la porta di studi legali, commissariati, di un pronto soccorso e di un carcere solo dopo aver incontrato voi e da quando siete usciti dalla mia vita non a caso non ne ho più avuto la necessità.
(…) Grazie a Voi ho conosciuto tutto ciò da cui la mia famiglia ha sempre cercato di proteggermi proprio come farebbe qualunque famiglia coscienziosa.
A me rimane solo la consolazione di sapere che non può capitarmi nulla di peggio di quanto ho vissuto grazie a voi.
Vostra “figlia”

lunedì 22 ottobre 2012

Lo scarrafone

Questa mattina sono un po' inquieta. Apro cassetti, consulto schedari, ravano in libreria. No, perché qua bisogna stare attenti, che più che temere un controllo della Guardia di Finanza, che tutto sommato male non fa, dovremmo temere quello di qualche ex fidanzato, che potrebbe ritenersi oltraggiato dal fatto che, per esempio, io abbia fatto due figli con un altro. Potrebbe pensare che l'ho tradito. E di conseguenza potrebbe accoltellarmi nell'androne del palazzo. Nulla di più semplice, direi.
No, perché non so se avete letto le dichiarazioni di tale Samuele Caruso dopo che ha ammazzato Carmela Petrucci, la sorella della sua ex ragazza Lucia. Dice Samuele che lui e Lucia si sono conosciuti nell'aprile 2011 su facebook e che dopo un mese si sono messi insieme. Carini. Dice che poi non stavano più insieme, da tipo sei mesi, e che siccome un giorno ha visto su facebook che Lucia era ritornata con il suo ex fidanzato, lui si è sentito tradito. Dice che è stata Lucia a lasciarlo perché lui era troppo geloso. Ma no, non è vero che lui era geloso, dice Samuele. Anzi, era Lucia che lo escludeva sempre e che non lo portava mai alle feste, dove invece andava con la sorella.
Quindi che fa Samuele? Dice che voleva chiarire la situazione. Che, voglio dire, è una lodevole iniziativa se c'è qualcosa da chiarire. Ma in questo caso forse era solo lui che doveva chiarire a se stesso che la sua ex non lo sopportava più e che stava felicemente con un altro. Ma lui vuole chiarire con Lucia. E quindi che fa? Prende un coltello ed esce di casa.
Ora, vi confesso che anch'io purtroppo nel mio passato ho dovuto chiarire alcune spiacevoli vicende personali, ma uscendo di casa prendevo tipo le chiavi della macchina, le sigarette, il telefono, ah sì, le chiavi di casa. Forse anche un panino al prosciutto. Coltelli, mai.
Samuele Caruso invece prende un coltello ed esce di casa. "Mamma, io esco" Avrà detto alla mamma, che oggi tiene a precisare che suo figlio non è un mostro e che loro sono una famiglia perbene.
Samuele va a casa di Lucia, suona il campanello dicendo "pubblicità", entra in androne e aspetta. Quando arriva Lucia assieme alla sorella Carmela, lui le aggredisce entrambe e Carmela muore. Lucia oggi è in ospedale, dove la stanno curando per le 20 coltellate che si è presa da Samuele.
In sintesi, una ragazza muore e un'altra rimarrà sfigurata per colpa di un "bravo ragazzo", come dice la madre. Samuele ha detto al giudice che lui ha preso il coltello proprio per uccidere Lucia, nel caso il tradimento fosse vero. Cioè: è uscito di casa con un coltello, per uccidere la sua ex. Però è un bravo ragazzo, eh. Questi media fanno un gran baccano per niente. E poi viene da una famiglia perbene eh. Che non si pensi male!
Nooo, ma noi non pensiamo male, cara signora Caruso (perché immagino che ci tenga a portare il cognome di suo marito). Per carità, la vostra è una famiglia rispettabilissima, dove i valori vengono trasmessi ai figli in maniera ineccepibile. Immagino che lei, signora Caruso, adesso sia molto in difficoltà per la sciagura che si è abbattuta sulla sua famiglia. Probabilmente sarà molto difficile ora farsi vedere al circolo del bridge. Sarà un incubo. Suo marito che cosa dice a riguardo? No, perché non l'ho sentito. Ho capito solo che ogni scarrafone è bello a mamma sua, ma la sua posizione qual è? Perché questi valori che tanto decanta sua moglie li avrà trasmessi anche lei no? I valori del rispetto della libertà di una donna. Il valore che una donna ha il diritto anche di essere stronza, se vuole e di non portarti a una festa. Il valore che una donna è libera anche di tradirti, se vuole, ma sul serio, non dopo 6 mesi che non state più insieme. Il valore che non si mandano sms minatori quando qualcuno non vuole avere a che fare con te. Il valore che non si esce di casa con un coltello. Il valore che se uccidi a coltellate una persona non puoi essere definito "un bravo ragazzo".
Ecco, cari signori Caruso, sento della resistenza da parte vostra. Una resistenza nel rendervi conto di quello che è successo veramente. Una resistenza nel capire cosa rende veramente "bravo" un ragazzo. Che non è il successo scolastico, o lo stipendio, o la carriera, o fare la raccolta differenziata, andare a messa e aiutare la vecchina ad attraversare la strada. No. "Bravo" è il ragazzo che porta rispetto per tutti gli esseri viventi. "Bravo" è il ragazzo che riesce a distinguere un essere vivente da un oggetto. E comunque io in genere ho rispetto anche per gli oggetti.

Vi lascio con la foto dello scarrafone, tratta da Repubblica.it:


venerdì 19 ottobre 2012

La ladruncola, i tre carabinieri e il vigile urbano

Si è fatto un gran parlare del modo in cui i media trattano le notizie di violenza, di abusi e di omicidi nei confronti delle donne. Illustri giornalisti (senza distinzione di genere, peraltro), indulgono in espressioni tipiche del 1800 quando devono descrivere l'accaduto. "L'uomo era in preda a un raptus di follia" "La donna l'aveva tradito" "Gelosia incontrollabile" e molte altre. In tutti questi articoli della cronaca più nera del mondo, quello che viene sempre omesso è il fatto che la vittima, la donna, la moglie, la madre, la sorella, è un essere umano, con un'identità, una storia, una personalità. Cioè, non è un'entità astratta che il più delle volte "fa impazzire" e "annebbiare" la mente dell'uomo.
Allora, siccome oggi ero in cerca di facili prede (per mutuare il linguaggio di cui sopra), mi sono messa a sfogliare Il Giornale online. Ero tentatissima di scrivere un post sull'articolo "Meglio tigrotta o cappuccetto rosso sexy", ma volevo qualcosa di più, perché sono insaziabile. E in questo Il Giornale non mi delude mai. Di solito metto il link agli articoli di cui parlo, ma questa volta, siccome si tratta di un capolavoro, ve lo riporto integralmente:

Presunto stupro in camera di sicurezza, tre carabinieri rischiano il processo

La Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta su una presunta violenza sessuale che sarebbe avvenuta in una caserma ai danni di una donna fermata per un furto. Nei guai anche un vigile urbano. Prima dell’abuso i quattro avrebbero fatto bere alcool alla vittima


Era stata sorpresa sul fatto a rubare in un supermercato e per questo era stata fermata e portata in una caserma del Quadraro, a Roma, costretta a trascorrere la notte in camera di sicurezza.
Un posto sicuro, dunque, in attesa che la giustizia facesse il suo corso. Quella nottata, invece, per la ladruncola di 33 anni, si è trasformata in un incubo. E per questo, ora, tre carabinieri e un vigile urbano rischiano il processo. Il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il pm Eugenio Albamonte, infatti, ritengono che i quattro abbiano approfittato della donna, costringendola a subire le loro attenzioni sessuali. I magistrati hanno depositato gli atti dell’indagine, il passaggio che generalmente precede la richiesta di rinvio a giudizio.
Era la notte tra il 23 e il 24 febbraio del 2011. Per i pm i carabinieri Alessio Lo Bartolo, Leonardo Pizzarelli e Vincenzo Cosimo Stano e il vigile urbano Francesco Carrara avrebbero partecipato allo stupro con ruoli diversi dopo aver costretto la donna a bere alcolici mentre si trovava nella camera di sicurezza. L’accusa da cui rischiano di doversi difendere in un’aula di giustizia è quella di violenza sessuale. Una violenza, scrivono i pm negli atti della chiusa inchiesta, commessa «su persona sottoposta a limitazione della libertà personale e con l’aggravante dell’abuso dei poteri e doveri inerenti a una funzione pubblica e dell’uso di sostanze alcoliche». A Pizzarelli, quella sera piantone di turno, la Procura contesta l’aggravante di non aver impedito l’evento che, per il codice penale, equivale a causarlo. 


La prima cosa che mi ha colpito è l'estrema cautela che la giornalista - donna - mette nel parlare del crimine degli uomini, che in effetti è "presunto". Il procuratore e il pm "ritengono". I magistrati hanno depositato gli atti ed è un passaggio che "generalmente" precede un processo. Giusto, dico io. Nessuno è colpevole fino a quando non c'è una sentenza definitiva di un tribunale. Del resto mi pare che questo valga anche per Berlusconi. Molto bene.
Peccato che questo trattamento di grande civiltà e rispetto per la dignità umana non venga applicato alla donna: una "ladruncola di 33 anni". Ladruncola. Ladruncola anche senza che ci sia stato, nemmeno nel suo caso, un processo. Ma la giornalista ritiene attendibile la versione dei "presunti" stupratori, che dicono di aver colto sul fatto la donna a rubare in un supermercato, la cui versione non viene messa sotto condizionale, ma data per certa. La donna ha rubato. Ha commesso un crimine. Ladra (e probabilmente, senza la possibilità di querelare un giornale). Ma che vuoi, in fondo non era niente, una ladruncola. E ora, i tre carabinieri e il vigile urbano "rischiano" un processo. Come se avessero rubato la marmellata dalla dispensa: ahi ahi ahi, questa volta l'avete combinata un po' grossa figlioli, ma che non si ripeta più, eh.

lunedì 15 ottobre 2012

"Da grande voglio fare il cuoco". Ma anche prete va bene.


Allora, adesso finalmente posso parlarvi della prima elementare del mio primogenito. Che poi non si chiama scuola elementare, ma scuola primaria. E il preside non è più preside ma dirigente scolastico. Le gite sono uscite didattiche e il diario è sostituito dal libretto delle comunicazioni. Ora ho un dubbio legittimo su come chiamare le maestre, che intanto non sono una ma almeno due e io non ho ancora capito che materie insegna una e che materie l'altra, ma insomma va bene così.
Ho iscritto mio figlio a una scuola pubblica, anche se confesso di avere accarezzato l'idea del privato. Confesso e me ne vergogno. Il fatto è che si sentono così tante brutte cose sulla scuola pubblica, che cade a pezzi, che crolla al primo terremoto, che non ha i soldi nemmeno per la carta igienica, che le maestre sono scazzate, che ormai non si impara più niente. Insomma, a me piacerebbe che i miei figli iniziassero a leggere e scrivere bene, che apprendessero un metodo serio per studiare, che imparassero la curiosità, e non ero tanto sicura che la scuola pubblica agevolasse tutto ciò. Ma poi mi sono ricordata che anche quando andavo a scuola io non è che ci fosse proprio tutta questa perfezione. Se ti capitava la maestra balorda eri fritto per i successivi cinque anni. E in effetti non ero nemmeno troppo entusiasta dell'idea che i miei figli crescessero sotto una campana di vetro, dove l'ordine e la disciplina regnano sovrani, e da dove poi è molto difficile uscire. Non volevo che i miei figli crescessero avulsi dalla realtà insomma. Perché il mondo non è caucasico e la nostra civiltà non avrà ancora per molto la supremazia economica sulle altre e perché trovo utile - anche dal punto di vista della conoscenza - che i bambini imparino fin da subito ad avere dimestichezza con le altre culture. E non sto facendo un discorso buonista di amore e fratellanza: sto proprio parlando di ciò che è meglio. Ed è meglio che i miei figli si integrino con bambini cinesi, moldavi, kosovari, tunisini, senegalesi piuttosto che ne ignorino l'esistenza. Mi sembra che ignorarne l'esistenza sia dannoso, nel lungo periodo. E credo che un bambino che conosce usi e costumi di altri popoli e paesi abbia delle carte in più rispetto a un bambino che non ne abbia idea. Ecco, io vorrei che i miei figli avessero quelle carte in più, perché in fondo sono un'orribile arrivista.
E quindi sento mio figlio che mi parla dei suoi 24 compagni di classe. E pronuncia nomi stranieri come se stesse dicendo "Carlo" o "Francesca". E questo mi piace molto. I bambini di prima elementare, o come diavolo si chiama adesso la scuola, sono delle tavolette intonse, senza pregiudizi e sono molto curiosa di vedere come cresceranno, immersi da subito nelle diversità. E mi ha dato presto una bella lezione, mio figlio, quando mi stava parlando di Mihailo e io gli ho chiesto da quale paese dell'est provenisse. "Da nessuno: è italiano" Mi ha risposto come se gli avessi chiesto quanto fa uno più uno. In effetti per lui non ha alcuna importanza sapere l'origine di Mihailo. Lo scoprirà negli anni forse, dopo che intanto avranno fatto mille giochi insieme e saranno diventati amici. Adesso chissenefrega da dove viene lui o la sua famiglia.
E mi piace vedere mio figlio che va a scuola così, pulito. E vorrei che la stessa cosa avvenisse nella sua percezione di maschio e di femmina. Vorrei che nessuno gli imponesse lo schema "uomo-cacciatore / donna-preda" e nemmeno quello "uomo lavora / donna casa" o quello "dietro ogni grande uomo c'è sempre una grande donna", per esempio. Vorrei che giocasse con bambini e bambine senza filtri, senza replicare ruoli artificiali imposti da noi "grandi". Al momento, il mestiere che vuole fare mio figlio da grande è il cuoco. Dice che vuole andare a lavorare a Parigi (e stai tu a spiegargli che la cucina francese fa cagare) e poi anche sulle navi da crociera (scegli bene, ti prego) e vuole inventarsi un sacco di ricette. Per adesso fa tanta gavetta, apprendendo le tecniche dal padre, che non è cuoco ma cucina, con grande soddisfazione sua e di quelli che gli stanno intorno. Mi piacerebbe che nessuno a scuola lo censurasse, dicendogli che cucinare è un lavoro da donna. Mi piacerebbe che fosse sempre libero di esprimersi e fare quello che sente, anche se fosse il ballerino e, ahimè, anche se fosse il prete.
Chissà se questo, all'alba del 2012, sarà possibile.
Vi terrò aggiornati.

lunedì 1 ottobre 2012

Quei titolisti mattacchioni

"Quando è lui a lavare i piatti la coppia si sgretola, il 50% in più di divorzi". Ecco cosa mi segnala la mia amica Giulia stamattina. Poi vai a leggere, e scopri che in realtà non c'è nessun legame tra la parità nelle faccende domestiche e il numero di divorzi. O meglio, non c'è un legame causa-effetto. Si legge invece che probabilmente, siccome le coppie in cui c'è una sostanziale collaborazione tra i sessi nella gestione della casa e nella suddivisione dei compiti sono quelle più aperte e consapevoli, va da sé che sarà anche più facile che donna e uomo, qualora riscontrino una loro incompatibilità a restare insieme, siano più sciolti nella separazione.
Questa ricerca norvegese non mi sconvolge un granché. Diciamo che anzi mi dà conferma delle condizioni culturali e sociali in cui stiamo vivendo. Quello che mi fa rizzare i peli (maledetti peli) è il titolista (o la titolista). Che cosa mi vuol significare con la frase che quando l'uomo lava i piatti la coppia si sgretola? Puro sensazionalismo per indurci a leggere l'articolo? Strategia di marketing? A me pare una delle solite paraculate per attirare la nostra attenzione. Però si gioca sempre con il fuoco, perché mentre scrivi il tuo titolo paraculo, migliaia di trogloditi che la pensano proprio così esultano e ti prendono sul serio.
"HHA! Vedi? Faccio bene io a non alzare nemmeno un dito, donna! Io sì che tengo unita la coppia".
Oppure, in versione femminile: "Eh certo, un uomo mica è in grado di fare le faccende domestiche: con tutti i disastri che combinerebbe, la moglie lo lascerebbe subito".
Una gran bella discussione, in cui si dà per scontato che la durata o meno di una coppia dipenda dall'igiene domestica.
Insomma, dopo il delfino goloso e il cavallo curioso, oggi abbiamo anche il titolista mattacchione.

Concludo in bellezza e vi lascio con una vignetta di cura domestica ma anche di grande ironia, presentandovi la nuova protagonista di questo blog: La Paola.
La Paola accompagnerà questo blog nei meandri dei piccoli dettagli quotidiani che rendono grande la disparità tra uomo e donna, cercando di mantenere sempre leggero il tono delle nostre dissertazioni. Nella colonna di sinistra, trovate la sua biografia.