lunedì 27 febbraio 2012

The iron lady

Non ve ne fregherà niente, ma io ADORO Maryl Streep. E quindi festeggio insieme a lei il suo ultimo oscar come migliore attrice per il film The iron lady. Ha impersonato Margaret Thatcher, la prima donna a ricoprire il ruolo di Primo Ministro in un paese europeo, e non perché fosse progressista. Ha governato bene la Thatcher? Ha governato male? Non importa. O meglio, importa a seconda della nostra inclinazione politica, e su di lei esprimeremmo gli stessi giudizi che esprimeremmo nei confronti di Ronald Reagan, il suo gemello maschio d'oltre oceano. Questo è quello che conta: giudicare il suo lavoro solo in base ai risultati o alle nostre considerazioni politiche e non in base al suo genere.
Vi lascio con un'intervista a Maryl Streep, che ricorda di quando lei era all'Università e fu eletta la Thatcher. Non c'erano studentesse di legge all'epoca, ricorda. E gli unici mestieri che potevano fare le donne erano l'insegnante e l'infermiera. E la prostituta, ovviamente. Poi, se ne aggiunse un altro: il Primo Ministro.
Buon inizio settimana!



venerdì 24 febbraio 2012

Trova le differenze

Una mia cara vecchia compagna delle medie che vive in Germania mi segnala questi cartelli dell'Ikea di Brema:


Riuscite a trovare le differenze? Le differenze con i cartelli in Italia, ovviamente.


mercoledì 22 febbraio 2012

"Tu li vedi trasformare, come gli vaaa..."

Poi dici che non mi devo incazzare. Ma dico io, TUTTI sanno che i Barbapapà sono il cartone animato più rivoluzionario del mondo. Negli anni Settanta erano gli hippy di riferimento per tutti i bambini. Ne ho già parlato lungamente qui. Ma evidentemente a qualcuno è sfuggito. A qualcuno del marketing. A qualche account che aveva fretta di farsi di cocaina, presumo. Allora, ripetiamo insieme: in mezzo a tutti i cartoni animati sessisti o fortemente stereotipati, in mezzo a principesse, principi, robot maschi e streghe femmine, i Barbapapà sono tra i pochi che si salvano, per equità e parità di genere. Maschi e femmine, genitori e figli lavorano sempre tutti insieme per raggiungere un obiettivo socialmente condivisibile e giusto. Barbamamma non lavora, ma nemmeno Barbapapà. Coltivano tutti l'orto e combattono l'inquinamento.
E allora oggi ho tutto il diritto di alterarmi davanti a questo:


Insomma, a pranzo mi stavo gratificando con una cioccolata calda con la granella al bacio e la panna da Grom, quando mi imbatto in questa vetrina degli orrori. Cariiini, i libricini dei Barbapapà. Teeeneri. È grazie al merchandising che oggi possiamo continuare a rivivere le loro storie. Al merchandising, al marketing e alla sete di denaro di chi detiene i diritti dei personaggi, che se esistessero, probabilmente non sarebbero poi così contenti di essere così sfruttati. Comunque non sono qui per fare la rivoluzione, bensì per dire che va bene l'arricchimento su dei personaggi hippy, ma non a costo di stravolgerne la natura!
CHI CAZZO HA MAI VISTO BARBAMAMMA IN CUCINA??? Chi si è inventato questi libretti, le ha mai guardate le puntate dei Barbapapà? Dico proprio a te, caro markettaro sfigato che pensi che al di fuori dell'aperitivo delle sette non esista altro nella vita. Tu che dividi il mondo in segmenti Eurisko, e che lo semplifichi sbattendo le donne in cucina, gli uomini al lavoro e i figli a comprare le minchiate che metti sul mercato. TU. Torna in asilo e impara. Scopriresti che Barbamamma coltiva l'orto tanto quanto Barbapapà, che insieme salvano gli animali dall'incendio della foresta, che giocano con tutti i loro figli e che vivono negli anni Settanta ma sembrano mille anni luce avanti a noi, e a te sicuramente.
Trovo incredibile che un cartone animato di quarant'anni fa venga stravolto OGGI in chiave peggiorativa in termini di stereotipi. Ecco, solo questo volevo dire.

martedì 21 febbraio 2012

La porcellina intelligente

Più volte ho sottolineato come il mondo genitoriale sia radicalmente diverso nella realtà, da quello rappresentato sui mezzi di comunicazione. Riguardo la maternità per esempio, per me ha rappresentato un trauma molto serio il personaggio di Brooke Logan in Beautiful, che ha partorito figli fino a ottant'anni (pur dimostrandone sempre venti) e non l'abbiamo mai vista portarne uno a scuola, cambiare un pannolino, pulire un vomito dal divano. No. Brooke ha continuato a lavorare come se nulla fosse, alimentando la nostra illusione che lavorare e avere dei figli non fosse inconciliabile. Faceva l'imprenditrice, Brooke, oltre a numerose sessioni di sesso in sauna - avete mai provato a fare sesso in sauna? Ecco, provate e poi ne parliamo.
Ma questo è solo uno dei mille esempi che potrei fare, eh. Poi ci sono tutti quei film in cui ci sono dei bambini da mettere a letto. Avete presente? I bambini indossano dei pigiamini deliziosi, si mettono a letto sotto le coperte e uno dei due genitori si siede a leggere una storia. A questo punto le opzioni sono due: o il bambino si addormenta prima che la storia sia finita, oppure la storia finisce, il genitore chiude il libro, fa una carezza sulla fronte al figlio, e questo chiude gli occhi e si addormenta.
Ora, non so se avete dei figli, ma anche se non ne avete, vi ricorderete come andavate a letto voi, quando eravate piccoli. I pigiamini dei miei figli sono deliziosi soltanto per il tempo che passano dal negozio alla porta di casa, dopodiché iniziano magicamente a mutare, a chiazzarsi, a puzzare, come se una sorta di batterio killer avesse aggredito i tessuti. I miei figli non vanno mai a letto spontaneamente, ma sempre dietro minacce di punizioni terribili. Soltanto alla visione della brochure del museo della tortura di San Gimignano, inizio a ottenere i primi risultati. Una volta a letto, posso anche provare ad aprire il libro delle favole, ma non va mai bene al primo colpo. I bambini fanno domande, interrompono, cantano, ridono, saltano, vanno a bere acqua, tornano, litigano...Dopo averli minacciati nuovamente dell'imminente arrivo della Santa Inquisizione, ottengo un po' di silenzio. Alla fine della storia, ovviamente, ne chiedono sempre un'altra, e alla fine della seconda, ne chiedono una terza. La smettono solo quando inizio a raccontare la trama del silenzio degli innocenti.
Ma l'altra sera, qualcosa mi ha turbata. Mi è capitato di leggere una versione dei Tre porcellini alquanto particolare. L'ha scritta tale Vivian French ed è assolutamente identica alla storia originale, se non per il piccolo particolare che l'ultimo porcellino, quello intelligente, per intenderci, in realtà è una porcellina. Cioè, è scritto proprio così: "il terzo porcellino, che in realtà è una porcellina..."
Quindi tutta la storia assume dei connotati abbastanza chiari: i due maschi deficienti si costruiscono case precarie con paglia e legnetti e se ne vanno a dormire, mentre la sorella intelligente si costruisce una casa di mattoni e mette pure sul fuoco il pentolone con l'acqua. Per quanto questa versione mi abbia fatto sorridere (ghignare), credo non vada proprio nella direzione dell'equità. Cioè, esisteranno pure porcelline deficienti. E anche porcellini intelligenti. Ma mentre mi interrogavo su come l'autrice avrebbe dovuto riequilibrare le doti dei protagonisti seguendo il principio delle pari opportunità, mi sono ritrovata nel mezzo di un delirio testosteronico: i miei figli imbizzarriti, fomentati dal padre, che deridevano la porcellina che secondo loro non era in grado di costruirsi una casa di mattoni da sola.
"Se non la finite subito, spengo la luce e vado a chiamare il lupo. Che è maschio."

lunedì 20 febbraio 2012

Mamme tigri in montagna

Ho staccato la spina andando un po' in montagna. Era giunto il momento in cui il mio primogenito doveva imparare a sciare. Cioè, non che io sia una di quelle madri che obbligano i figli a diventare campioni di qualcosa eh. Però a me sciare piace. La montagna - d'inverno - piace. Mangiare krapfen piace. E quindi perché non far vivere questi piaceri anche al resto della famiglia? Insomma l'ho iscritto alla scuola di sci, ripromettendomi di non trasformarlo nella protagonista de "La solitudine dei numeri primi". "Saper sciare non è obbligatorio" è stato il mio mantra.
Alla fine è andato tutto liscio, Lorenzo ha sciato con un certo entusiasmo, anche se il bambino ha i suoi tempi...si distrae...guarda il panorama...pensa alla mamma...pensa alle caccole nel suo naso...insomma, è un sognatore. Una mamma tigre l'avrebbe preso a calci con il tacco dello scarpone. Io mi sono trattenuta, o meglio, ho trattenuto la nonna tigre e quello che mi ha fatto passare da piccola.
Lo guardavo con orgoglio mentre cadeva in continuazione dallo "skifil", spiegandogli che solo gli stupidi non cadono mai, lo incoraggiavo mentre finiva dritto in un cumulo di neve fresca perché non curvava al momento giusto e gli portavo gli sci quando era stanco. Sono stata brava, veramente. Ho avuto solo un momento di esitazione, giuro, solo uno, quando ho guardato il suo maestro ventitreenne, quindi nato nel 1989 (capite? 1989) e ho pensato che lui ha imparato a sciare direttamente con i carving, che per me sono stati una sorta di rivoluzione copernicana, e che probabilmente quando ha imparato lui c'era già il tapis roulant che ti portava su dopo ogni discesina di prova, mentre io, da piccola, tornavo su a scaletta sudando dentro la calzamaglia che non era in tessuto tecnico ma di lana grezza di muflone preistorico, e se cadevo dovevo tirarmi su da sola, e nessuno mi portava gli sci, perché se volevo sciare dovevo portarmeli da sola, e se piangevo, le lacrime mi si ghiacciavano in faccia, perché nessuno me le asciugava. Okay, la smetto. Comunque questi pensieri li ho fatti veramente, per cui ho avuto un momento di ribellione e ho detto a mio figlio che se era  sulle piste da sci a divertirsi era un privilegiato e che se voleva sciare, gli sci doveva portarseli da solo e se erano troppo pesanti per lui, poteva andare a fare un altro sport, tipo nuoto, ché in acqua è tutto più leggero. Ah, e mi è scappato anche di dirgli che doveva ascoltare di più il maestro e guardare di meno il panorama, ché nella vita nessuno aspetta i tuoi tempi. Alla fine mi ha punita con un atto eroico: il bambino davanti a lui sul tapis roulant cade rovinosamente perdendo sci e bastoncini, Lorenzo, precario anche lui sui suoi scietti, noncurante del pericolo di cadere a sua volta, si china, si protende in avanti, recupera uno dei bastoncini e lo porta in cima al bambino. Un atto di gentilezza gratuito, che gli ha richiesto concentrazione, attenzione, equilibrio (e anche culo). Io, ovviamente, piangevo a bordo pista. Ma comunque, gli sci non glieli ho portati lo stesso: diventerà un uomo, cazzo. Gli sci, deve portarseli da solo, così come se li portano le bambine.