giovedì 24 febbraio 2011

Il profumo dei ricordi. Ode a zia Jole

Vi piace questo titolo evocativo? A me molto, perché rappresenta il mio mood del momento. Credo siano le prime avvisaglie della primavera, anche se oggi ci sono 2 gradi e soffia la bora come non mai. Ma evidentemente percepisco qualche polline nell'aria che mi fa un po' nostalgica, un po' malinconica, un po' noiosa, e stranamente anche un po' buona. Forse, più che della primavera avrei bisogno di una vacanza, diciamocelo. È che ieri ho letto un post bellissimo che mi parlava di luoghi lontani, ma italiani. Di quei tanti piccoli posti che molti non conoscono, ma che trasudano fascino da ogni strada. Mi ha colpito questo post (anche perché è uno dei pochi senza errori di ortografia) e mi ha rievocato pezzi di immagini, suoni e sensazioni del mio passato. Non so perché, ma mi sono ricordata di una vecchia prozia che viveva a Napoli. Zia Jolanda, detta Jole. Quando avevo dodici anni sono andata a trovarla con i miei genitori. Abitava in un appartamento in un vecchio palazzo di Napoli, uno di quelli dove c'era ancora il portiere a cui davi dei soldi per farti usare l'ascensore. Le finestre della mia camera si aprivano su un piccolo terrazzino da cui si vedeva il mare. Ho bene impressa nella mente l'immagine del mio risveglio, in una mattina d'estate, con il profumo del bucato steso al sole misto a quello del caffè appena uscito e la luce che entrava nella stanza e il blu del mare. A questa immagine si sommano i ricordi dei rumori del traffico e delle voci della gente che camminava per strada. La voce del fruttivendolo, quella del giornalaio, quella dei bambini che giocavano a calcio sul marciapiede e si facevano chiamare tutti Diego, in onore di Maradona. Per me sono ricordi emozionanti, perché fin da piccola ci trovavo della poesia, ed è piacevole farli riaffiorare oggi, in mezzo a tutta la tecnologia da cui sono circondata, in mezzo alle scartoffie del lavoro, alle preoccupazioni e alle incombenze della vita quotidiana.
E poi c'era zia Jole. Una dei sei fratelli di mio nonno. Bellissima in gioventù e dotata di un'energia che oggi ce la sogniamo. Zia Jole non si è mai sposata, né ha avuto figli. Vantava spasimanti e fidanzati illustri, ai quali però non ha mai detto "sì". Non in senso coniugale, almeno. Zia Jole ed io avevamo un rapporto speciale. Sebbene ci vedessimo molto raramente, avevamo instaurato un bellissimo feeling. Mi comprava un sacco di libri e di riviste, chiacchieravamo per ore di tutto e di niente, ci volevamo bene. Quando ancora non c'era la globalizzazione alimentare, lei veniva per dei brevi periodi a Trieste e ci portava delle mozzarelle che non avevano nulla a che vedere con quelle che eravamo abituati a mangiare noi. E siccome finivano nel giro di una mezza giornata, zia Jole, all'età di 85 anni, preparava la borsa, si avviava alla porta e ci diceva: "Vi sono piaciute? Allora faccio un salto a Napoli e ve le riporto". Come se dovesse scendere al supermercato sotto casa e non farsi mille chilometri in treno. Poi la dovevamo fermare in cinque.
Zia Jole non era propriamente lo stereotipo della donna meridionale. Almeno non di quella dell'epoca. Era magrissima, single, indipendente e anche un po' rivoluzionaria. A guardar bene comunque, nemmeno gli altri suoi fratelli erano molto "normali". A cominciare proprio da mio nonno, che forte delle sue due lauree, una in ingegneria chimica, l'altra in farmacia, si prendeva la libertà di creare pozioni velenosissime da conservare in caso un giorno gli avessero diagnosticato una malattia incurabile. "Così mi suicido e non mi faccio fregare dai dottori, che sono tutti dei coglioni". Amava dire.
Ma c'era qualcosa in zia Jole che la rendeva speciale. Ed era quella sua serenità nel fare della sua vita ciò che voleva. Senza dar credito alle aspettative degli altri, senza cedere ai "suggerimenti" della società. Sicuramente la mia amata prozia non sarebbe scesa in piazza per la manifestazione Se non ora quando, né si sarebbe preoccupata del problema delle quote rosa. Tanto lei faceva come voleva comunque. E lo faceva con una leggerezza da cui molte di noi avrebbero da imparare. Me compresa. Certo, probabilmente non aveva l'aspirazione di sedere in un CdA di una società quotata, ma anche se l'avesse avuta, avrebbe sicuramente trovato il modo per farcela. E mi piacerebbe averla ancora qui, zia Jole, che si è spenta alla tenera età di 96 anni. Mi piacerebbe sentire da lei cosa ne pensa della situazione attuale delle donne italiane. E vorrei sentire che cosa farebbe per venirne fuori. Parlerei con lei di tutte queste cose, magari su quel terrazzino sul mare, guardando le lenzuola appese al vento e bevendo uno dei suoi leggendari caffè.
Ah, cara zia, quanto mi manchi.

6 commenti:

  1. Un caro saluto alla zia Jole... ci fossero più persone con la mente e l'anima libera come lei questo mondo sarebbe migliore per tutti... non solo per le donne.

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  2. che bello questo post....oltre al profumo mi piace il rumore dei ricordi!

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  3. Benny,
    se però le cene a base di lasagna napoletana provocano questo amarcord così dolce e struggente, devo farle più spesso ;-)

    scherzi a parte. volevo dirti che le napoletane sono tutte magrissime, eh?
    nun sbaglià!

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  4. In effetti, ora che ci penso, non conosco nemmeno una napoletana sovrappeso. Sarà merito dello spinning.

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  5. Wow, che onore: addirittura una citazione con tanto di link! Ancora grazie!
    Anch'io avevo due prozie single, sorelle di mia nonna. Tina e Giulia le chiamavamo, ma i loro nomi erano Celestina e Giulietta: deliziosi. Erano meno moderne e più inibite della tua Jole, ma ho ricordi bellissimi di loro: la cura maniacale con cui mi accudivano, a volte litigando tra loro per decidere come vestirmi o cosa cucinarmi (il che mi faceva molto ridere); la loro gioia semplice quando le portavamo con noi al mare. Mai viste in costume: solo pudichi prendisole in cotone colorato. Tina, svampitissima, nei momenti di sconforto cantava pezzi d'opera; Giulia, in apparenza più severa e pragmatica, si era innamorata in gioventù di un uomo sposato e poi più di nessun altro. Ora che mi ci fai pensare mi spiace molto che se ne siano andate quando ero ancora troppo piccola per intavolare con loro discorsi complicati o farmi raccontare qualcosa delle loro vite: sarebbero stati momenti preziosi. Dunque, Evviva le prozie!

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  6. Finalmente ho un'identità. Da oggi sono microclismatica anche qui.

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