martedì 8 marzo 2011

8 marzo, festa di carnevale

Oggi ho deciso di mantenere un basso profilo. Lo so che è la festa della donna e che dovrei dire qualcosa di intelligente a riguardo, ma su questo blog ogni giorno è la festa della donna (solo sul blog, peraltro). Mi viene solo spontaneo rilevare come, in questo periodo così delicato per il genere femminile, il destino abbia voluto accanirsi, offuscando parzialmente la festa, sovrapponendoci il martedì grasso, che, con la sua valenza commerciale e di disimpegno, avrà sicuramente la meglio. Lo vedo già a casa, con i miei figli, che non sanno nemmeno cosa sia una mimosa, ma conoscono perfettamente l'abbigliamento di Zorro. Le bambine in asilo non riceveranno nessun fiore, ma saranno sepolte dai coriandoli. La grande beffa del carnevale. E poi i telegiornali dovranno decidere come dividere i tre minuti a disposizione per le notizie di poco conto: un minuto e mezzo per la festa della donna, un minuto e mezzo per i carri. La guerra dei poveri.
Allora, lo scorso sabato ho portato il mio primogenito a una festa di quattro-cinquenni. Ovviamente erano tutti in maschera, e stranamente anche mio figlio ha voluto vestirsi. Dico stranamente, perché tipo due anni fa gli ho comprato un vestito da corsaro nero, che il primo anno non ha voluto mettersi perché gli faceva paura, e il secondo perché gli dava fastidio. Sì, lo so, non mi sono impegnata per niente, ripiegando su un abito banale, stereotipato e anche un po' sciatto, ma il carnevale non ha mai acceso particolarmente la mia fantasia. Comunque questa volta mio figlio non ha voluto gli stivali, né il cappello, né la spada, però la camicia e il mantello sì. Già qualcosa. Per fortuna l'avevo comprato in crescere, come fanno le brave madri previdenti. E sempre come una brava madre, mi sono pure ritrovata dopopranzo a cucire il mantello che l'anno prima, in un raptus di protesta, la dolce creatura aveva strappato. Chiaramente ci ho messo due ore, maledicendo l'assenza di "economia domestica" dalle materie della scuola dell'obbligo. Mentre giocavo alla piccola sarta, mi è venuta in mente la storia di quella madre americana che per Halloween aveva vestito il figlio di cinque anni da Daphne di Scooby Doo, generando un vespaio di polemiche. Avete presente Daphne vero? Ecco, non è propriamente il personaggio macho da cui i bambini usano travestirsi a carnevale. E mi chiedo perché. In fondo il panorama ludico di riferimento di bambini così piccoli è molto vario, però, alla fine, si vedono sempre le femminucce vestite da principesse e i maschietti da pirati o da supereroi. In questa fiera dello stereotipo mi ci metto anch'io, che ho scelto e imposto a mio figlio un vestito da corsaro (che ormai non si sa nemmeno più che cosa sia). E infatti questa mia arbitrarietà mi si è rivoltata contro. Forse mio figlio voleva vestirsi da Hello Kitty e io non ho saputo interpretare le sue esigenze. Comunque la festa è andata molto bene. I bambini hanno corso ininterrottamente per tre ore, per poi svenire privi di conoscenza ognuno nella propria macchina. A prescindere dal loro abbigliamento.
Stamattina invece, festa della donna, ho lasciato i due nani in asilo, dove ad accoglierli c'erano uno stuolo di fatine e principesse tutte sbrilluccicanti. La loro femminilità era così sfacciata che il mio primogenito è addirittura arrossito. Sicuramente quelle piccole donne oggi saranno festeggiate con il massimo dei fasti. Avranno pirati, astronauti, uomini ragno, batman, gormiti, peter pan, tutti ai loro piedi. Altro che noi, in ufficio, con un rametto striminzito di mimosa, a domandarci dove abbiamo sbagliato.
Ah, se solo mia madre all'epoca avesse vestito anche me come una principessa! Ma niente. Nel nome della parità (più inconscia che conscia) mi ha sempre imposto vestiti unisex, tipo arlecchino e pierrot. L'unica volta che ha sconfinato in un colore femminile mi ha vestita da pantera rosa. Ovvio che poi si finisca a scrivere di Donne in ritardo.

7 commenti:

  1. mannò,
    per quanto mi riguarda, la scelta del vestito di carnevale non è una forma di socializzazione: mi hanno chiesto le principesse e hanno avuto le principesse. se mi fisso con arlecchino e pierrot come faceva mia/tua madre, otterrò figlie schizzate come me!
    il rispetto dei loro desideri per me è una forma di non intervento impositivo sulla loro personalità e sulle loro relazioni sociali, poi è chiaro che lancio spesso messaggi subliminali circa le principesse...fiuffiù

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  2. Credo che i travestimenti carnevaleschi di quando eri bambina incidano molto sulla personalità. Mia madre un anno mi vestì da olandesina... ogni tanto mi sento ancora in testa quello stupido cappello a due punte... l'hai presente? non me ne libererò mai.

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  3. Sì, a volte mi sembra di vedertelo ancora addosso :)

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  4. leggendo il blog di oggi mi è venuto in mente quando mio figlio (oggi sedicenne) a 4 anni mi ha chiesto con entusiasmo se poteva travestirsi da albero di Natale per carnevale. Confesso che mi sono divertita tantissimo a creare e cucire questo travestimento, ha voluto anche la punta come un vero albero (ho estirpato una stella a una bacchetta magica da fatina e incollata su un cerchietto per capelli) e "l'albero di Natale" era completo. Ricordo ancora il suo orgoglio alla festa dell'asilo in mezzo a compagni increduli e a mamme che mi guardavano divertite ma anche dubbiose credo sul mio stato mentale.
    Che dire... per il momento mi sembra un adolescente nella norma...
    ma sorge un dubbio, mia madre da piccola mi ha vestito da "contadinella friulana" c'è un nesso?

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  5. Da piccola ho sempre desiderato vestiti da principessa azzurra e damina dell'800 (per i nati nel '76, quelli erano dei veri e propri cult).
    Purtroppo per mia madre erano volgari e non me li hai mai comprati.
    I vestiti concessi erano: pagliaccio (orrido..), Pulcinella (originalissimo se consideri da dove vengo..), Pierrot.
    Per fortuna ci fu la botta di vita di Colombina.
    Ai miei tempi, a scuola si facevano anche le foto vestiti da carnevale ed io avevo sempre un'aria tristissma. Da orfanella.
    Questo non mi ha impedito di diventare vanitosa (eh si, assai pure...)però ha contribuito a farmi detestare con tutto il cuore il carnevale.
    Chiara

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  6. E' proprio vero che sono le situazioni peggiori a renderci migliori. Probabilmente non saremmo qui a parlarci se le nostre madri ci avessero vestite da damine dell'Ottocento.
    Tutta quella sofferenza alla fine ci ha formate :)

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  7. Eh, piano con le damine dell'ottocento, c'è chi lo è stata, pur avendo attraversato i propri carnevali da transgender. Mi spiego: mia madre si divertiva a tagliare e cucire dei veri vestiti, dico veri perché potevano essere indossati in tutto il loro fulgore senza cappotti o altre sovrastrutture destinate a proteggere dal freddo. La prima è stata una Cappuccetto Rosso, ma la seconda era una Coccinella, che io percepivo come maschile, non so perché, forse perché l'abito comportava pantaloni e non gonna. Fatto sta che, avendo incontrato una coccinella con gonna, quell'anno, ero convinta di aver trovato mia moglie. La terza è stata una dama dell'ottocento, che mia madre aveva copiato da un figurino teatrale dedicato ad una Mimì della Bohéme, dunque, scongiurando opportunamente, eccomi vestita come una via di mezzo cronologica tra Jane Austin e la Contessa di Castiglione. Già sapevo che Mimì veniva dopo, ma fa' niente. L'ultima, poi, è stata la mia rivincita sul fratello maggiore: ho finalmente potuto indossare lo scenografico costume da torero che gli era appartenuto, imitazione in formato mini di un vero abito da torero, completo di giubbetto ricamato a mano e di calze di seta. E a chi mi chiedeva da che cosa fossi mascherata, rispondevo, dopo uno sguardo didatticamente impostato: "da Torera, no?"
    Adesso penso sempre che il prossimo carnevale voglio indossare il magnifico abito da sera stile anni '20 ereditato da mia madre, ma non mi è ancora riuscito: nemesi esistenziale?

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