Questo è un post a tema, perché non posso eticamente sottrarmi ai festeggiamenti per l'unità d'Italia. Quindi parlerò di unione, e più in particolare, dell'unione tra Napoli e Catania. E anche tra lo stereotipo e l'idiozia. Sono legami importanti.
Questa storia va avanti già da parecchio tempo. I vigilantes della dignità della donna l'hanno già segnalata ampiamente, ne hanno parlato, inorriditi, molto approfonditamente. Ma Anna, lettrice di questo blog, mi ha fatto tornare alla memoria la querelle e credo sia il giorno ideale per rispolverarla.
Questa storia va avanti già da parecchio tempo. I vigilantes della dignità della donna l'hanno già segnalata ampiamente, ne hanno parlato, inorriditi, molto approfonditamente. Ma Anna, lettrice di questo blog, mi ha fatto tornare alla memoria la querelle e credo sia il giorno ideale per rispolverarla.
Si tratta della campagna pubblicitaria di TTTLines. Ora, proviamo per un istante a diventare tutti pubblicitari e rispondiamo a questa domanda: quale metafora usiamo per dire che Napoli e Catania sono unite da un traghetto veloce? Risposta: facciamo vedere due tette dicendo che una è il Vesuvio, l'altra è l'Etna e scriviamo che i due vulcani non sono mai stati così vicini. E poi capisco mia madre che si vergogna a dire che lavoro faccio. Questo è il risultato:
A parte che l'Etna non è esattamente a Catania. Comunque è impressionante il tentativo di difesa dell'agenzia che ha pensato (pensato?) questa geniale campagna. Leggo un'intervista alla art director che ci ha lavorato su (sì, è una donna), che invece di dire: "Non posso farci niente: si sa che le tette tirano e il nostro cliente è un porco che non capisce niente di comunicazione", ci racconta, nell'ordine che:
- i seni EVOCANO i vulcani
- i vulcani sono simbolo di vita e fertilità COME i seni
- l'accostamento seno-vulcano è NATURALE
Voglio dire, è noto che ci sono un sacco di uomini che si eccitano guardando il panorama di Napoli. E io che ho sempre pensato che l'accostamento immediato al vulcano fossero le idee. Ah...le idee...
Poi leggo un'altra intervista, quella fatta alla modella della campagna, Giulia Mango, che dice: «La mia prima esperienza come modella risale ad una decina di anni fa. Venni scelta, anzi i miei piedi vennero scelti, da una azienda napoletana di calzature per il tempo libero. Dopo i piedi, le mani. Qualche anno fa ha posato — solo le dita — per una azienda orafa. Ma sono venuta fuori solo quando ho mostrato una terza ’’porzione’’ del mio corpo. Ho iniziato dalla parte sbagliata. Ma ora voglio recuperare e farmi conoscere: non più solo ’’a pezzi’’».
E allora i pezzi li metto insieme io, nella giornata dell'unità d'Italia. Da un lato c'è una donna che fa la creativa pubblicitaria e ci dice che è naturale il parallelismo tra vulcano e seno, dall'altro c'è una modella che dice di aver iniziato la sua carriera dalla parte sbagliata (mani e piedi), e che finalmente è arrivata a quella giusta (il seno). Entrambe queste donne ne escono a pezzi. Di più la prima, perché cerca di difendere l'indifendibile, e crede veramente di potercela dare a bere. E mi domando adesso con quale parallelismo inconscio ci giustifica il sequel di quella campagna:
Il babà e il cannolo, simboli di Napoli e di Catania, sono forse anch'essi portatori del concetto di VITA? Hanno forse un legame stretto con la FECONDAZIONE? Forse sì. Forse c'entra il processo di lievitazione. Chissà quante notti insonni avranno trascorso i creativi dell'agenzia per arrivare a cotale risultato.
Comunque, qui è il corpo maschile ad essere sfruttato per vendere una cosa che con la nudità non ha niente a che vedere. Lode alla par condicio.
Vi lascio con l'ultima chicca per completare degnamente questo trittico: "Abbiamo le poppe più famose d'Italia."
In questo caso la par condicio manca ancora. Arriverà?
Ciao B,
RispondiEliminaper me queste pubblicita' sono davvero penose e non definirei i pubblicitari in questione "creativi". Quando ero in Italia il mio occhio si era abituato a vedere la donna nuda (o parti di essa) ovunque per pubblicizzare qualunque cosa. Non lo apprezzavo, ma non mi sembrava tanto strano. Ero tristemente abituata. Adesso che vivo negli USA (dove sono fissati anche troppo forse nell'altro senso) mi accorgo che le nostre pubblicita' sono veramente penose. Qui non ho mai visto una donna o parte di donna nuda in una pubblicita'e quando parlo di cosa si vede sulla nostra tv mi guardano come se venissi da un paese del terzo mondo. L'altro giorno poi mi sono imbattuta in un articolo di cronaca di repubblica, in cui figuravano immagini di donne nude e alcuni compagni di laboratorio americani guardando il mio computer mi hanno chiesto indignati cosa stessi facendo. Stavo semplicemente leggendo un quotidiano nazionale!
Vabbe' qui addirittura negli spogliatoi femminili la gente non si denuda, non si possono fare battute a sfondo sessuale o simili perche' la denuncia per sexual harassment e' dietro l'angolo. Appena arrivata mi hanno fatto seguire dei corsi in cui mi hanno spiegato dove andare e come denunciare qualunque battuta, sguardo o parola che potesse discriminarmi o ferire la mia identita' di donna.
Poi guardo Le Invasioni Barbariche, parlano proprio di questo (pubblicita' e strumentalizzazione delle donne) e sento che le giovani ragazze italiane intervistate sono perfettamente a loro agio e si sentono cosi' apprezzate come donne proprio grazie a queste belle immagini.
Quindi mi dico, lo volete e vi sta bene allora!
Francesca
Benny!!!
RispondiEliminal'art director (e titolare dell'agenzia di advertising) è una mia carissima amica! ;-)
Chiara
Chiara!!! Allora, tu che la conosci, dimmi che ha fatto la paraculo, ti prego.
RispondiEliminaFrancesca, in effetti il problema è culturale. Quella della lettura di Repubblica è fantastica, comunque :)
La creatività sono TREMENDE.
RispondiEliminaTipico esempio di quanto le donne, se ci si mettono, possano essere decisamente peggio degli uomini nel creare pubblicità sessiste...
Io vorrei vedere un "Trieste - Venezia"... mai così vicine... perché nel mio immaginario quelle tette sono attaccate sulle ascelle. Ecco. Credo di aver dato un buon esempio della mostruosità di questa cosa.
RispondiElimina"Vorrei morire
RispondiEliminaSulle labbra rosse che hai
Vorrei sentire
I tuoi seni accendersi poi
Come due piccoli vulcani
Sentirli sotto le mie mani
E scivolare poi sul pendio
Quello dolce che hai...
E' un incontro d'anime"
Fuoco nel fuoco, Eros Ramazzotti
Così dice il poeta...
Vivi, vuoi dirmi che il binomio seno-vulcano ce l'abbiamo di default? No, perché ti giuro, a me, quando mi nominano "vulcano" penso istantaneamente a quel calco di Pompei dell'uomo col suo cane. Ma forse è perché mia madre non mi ha allattata.
RispondiEliminaAnche io ho la stessa associazione con Pompei :)
RispondiEliminaScusa se sono la piu' aggressiva del blog oggi, ma mi viene solo in mente il discorso (lista) che Emma Bonino ha fatto a Vieni via con me, l'avete visto?
Riguardava proprio la dignita' della donna. Mi sono trovata molto in sintonia con l'ultima frase..che diceva piu' o meno (dopo una serie di frasi di protezione verso la situazione della donna oggi) che non si puo' negare che se le donne ci si mettono sanno essere proprio delle sceme. Della serie "chi e'causa del suo mal pianga se stesso", a volte siamo "noi" a farci trattare cosi'!
Francesca
Benny, io non ho mai associato i seni ai vulcani. Ecco perché appena ho letto il tuo post mi è venuta in mente quella canzone, proprio perché quando la sentii la prima volta commentai questa metafora con un grande boh.
RispondiEliminaIo associo il vulcano alle Eolie perché da casa di mio nonno in Calabria, nelle giornate serene, si vedeva Stromboli all'orizzonte.
Vulcano? associazioni? quante ne volete: Pompei spetta a tutte quelle che hanno avuto genitori archeoturistici (e poi in qualche caso sono diventate archeologhe), poi, in età scolare, c'è "la canzone di Teodorico" (cercate il vulcano!), poi più cresciutelle, c'è il sandalo di Empedocle di B. Brecht, e poi, cima delle cime, "qui sull'arida schiena del formidal monte sterminator Vesevo", e si torna al punto di partenza. Ma le tette, oddio oddio, sarà una perversione quella di associare, semmai, l'eruzione vulcanica all'attività di un altro genere della specie? La butto lì, eh, chissà che qualche creativo si entusiasmi.
RispondiEliminaBell'articolo, come al solito. solo una cosa: forse la tipa dell'agenzia ha fatto da paraculo, ma è altrettanto probabile che sia semplicemente scema.
RispondiEliminavorrei che ricordassi lo spot school aw di qualche anno fa. cena di gala. io (uomo) che dico: "queste pubblicità che si basano solo sul nudo sono la fine della creatività e sminuiscono il ruolo femminile". E una ragazza al nostro tavolo: "ecco il solito bigotto, il fatto di poter essere nelle pubblicità e nelle televisioni, anche nude, è un segno che i nostri diritti stanno aumentando".
Magari le due sono parenti.
Luca
Benedetta, scusa, so che non c'entra nulla con questo post (o forse sì?), ma qualche giorno fa, mentre facevo colazione, ho sentito un'intervista alla giornalista autrice di questo blog http://costanzamiriano.wordpress.com/il-libro/ e del relativo libro, e sono sobbalzata sulla sedia! Te lo segnalo. Non l'ho letto e quindi non posso giudicare, ma sebbene il taglio sia ironico, il titolo scelto apposta per far rumore e alcune affermazioni condivisibili, credo non ci fosse proprio bisogno né per la società né per la chiesa (e lo dico da credente) di una cosa del genere! Mi puzza tanto di rinuncia: per la serie, gli uomini sono così e non possono cambiare, noi donne, invece, ci siamo spinte troppo oltre e dobbiamo fare un passo indietro. Applausi!
RispondiEliminaCri, grazie per la tua segnalazione. Ho appena finito di esplorare il suo blog e mi sento eticamente chiamata a parlarne :)
RispondiEliminaBenedetta, ti segnalo per contrapposizione la pubblicità che compare nel film Thereafter di C.Eastwood: nella parte ambientata in Francia, il regista, per esprimere il successo della protagonista, aggressiva commentatrice e intervistatrice politica (Cécile de France), la fa comparire come testimonial di una marca di telefonini.
RispondiEliminaTe la vedi in Italia un'agenzia che mette una Lilli Gruber a far la pubblicità Tim o Vodafone?
PS
Sono uomo eterosessuale, e quella pubblicità di traghetti la trovo proprio triste e volgare. Come una battuta da caserma. Si vede che chi l'ha inventata vive in un clima da caserma.
Anche per me Vesuvio ed Etna = disastro, catastrofe. Autogol pubblicitario.
RispondiEliminaGraziano, già l'idea di Lilli Gruber testimonial fa sorridere. Ma ti immagini se fosse invece l'Annunziata? Ancora più aggressiva :)
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