Mi domando: ma la crisi non era finita? Abbiamo stretto i denti per tutto il 2009. Abbiamo navigato a vista per quasi tutto il 2010. Ci hanno detto che il peggio era passato, che era iniziata una timida ripresa. Ma io so che non è così, perché ho un indice infallibile della crisi (oltre al mio conto in banca): la mia casella di posta elettronica. Lì ricevo tutte le candidature spontanee di chi cerca lavoro. Negli anni passati mi scrivevano 5-10 persone al mese, incluse le richieste di stage. Negli ultimi mesi ne ricevo 5-10 a settimana. Gente qualificata, neolaureati pronti alle famose fotocopie pur di entrare nel mondo del lavoro, profili junior, senior e varia umanità. Alle richieste digitali si aggiungono quelle analogiche, cioè, bussano direttamente alla porta. Sempre più spesso piombano in ufficio giovani col curriculum in mano che chiedono un colloquio seduta stante. Ma anche stranieri che si offrono per il volantinaggio, o per lavori di fatica. Non sanno cos'è un'agenzia di pubblicità: citofonano a caso per parlarti di persona. Alla loro disperazione si aggiunge la mia, perché mi domando fino a quando potremo andare avanti così. Quand'è che questo sistema collasserà definitivamente portandoci tutti con sé. Mi guardano come se io avessi potere di vita o di morte in quel momento, e non sanno e non credono che io non posso fare niente, che non posso assumere, che non ho tempo per insegnare qualcosa di costruttivo agli stagisti, che è inutile che li prenda in prova se non so nemmeno quanti clienti falliranno entro la fine dell'anno (molti) e quanti pagheranno (pochi). Del resto, è lo stesso sguardo che devo avere io quando vado a parlare con qualche azienda.
Ieri mi si è presentato davanti un tipo, dall'età indefinibile tra i 40 portati male e i 50 portati bene. Ovviamente mai visto prima, né sentito per un appuntamento. Ancora sulla porta mi chiede se faccio pubblicità. Sì. Anche su giornali? Sì. E come funziona? A quella domanda mi sono vista passare cinque anni di università, uno e mezzo di master, sei mesi di stage e 10 anni di lavoro. Ho esitato un attimo (perché mi sono soffermata nostalgicamente alle feste universitarie), e lui ha approfittato per raccontarmi che è un odontotecnico, che si trova in città da due anni, che non ha lavoro e vuole farsi una clientela e non sa come fare. A quel punto ero a un bivio: il suicidio o la resistenza a oltranza. Vedo le due stronze dell'ufficio accanto al mio che guardano questo disgraziato come se fosse un lebbroso e mi strizzano l'occhio compiaciute. Opto per la resistenza. Gli spiego che non ha bisogno di un'agenzia di pubblicità. Che deve farsi un giro di conoscenze, magari approfittando di facebook, che queste cose funzionano con il passaparola. Insomma, cerco di dare un senso a quel colloquio improvvisato. Lui mi guarda e mi fa: "Lei è il capo qui?" Ho un altro flash tipo quello delle feste universitarie, ma stavolta mi appaiono tutte le persone (fornitori, collaboratori, clienti, gente che passava di là per caso) che mi hanno sempre trattata come se fossi la loro segretaria. "Sulla visura camerale è scritto così" ho risposto. Devo avergli fatto pena, perché si è lanciato in un panegirico sulla necessità che al mondo ci fossero solo capi donne. "Beh, - gli ho risposto - basterebbe anche solo un 50%" Ma a quel punto nessuno lo poteva più fermare: "No, perché le donne che comandano sono migliori. Perché sono anche più seducenti". Ora, se solo aveste potuto vedermi ieri...beh, seducente sarebbe stata l'ultima parola che vi sarebbe venuta in mente. "Presenti esclusi" mi è venuto spontaneo aggiungere. "No, veramente, sono più comprensive, si lavora meglio che con gli uomini". Caro mio, ecco perché non hai un lavoro - ho pensato. Ci siamo salutati con la promessa di riaggiornarci presto.
È stata una giornata veramente deprimente. Oltre che per il fattore umano, mi sono rattristata anche per il pensiero che le donne possano acquistare rispetto solo da chi è fuori dal mercato del lavoro. E, depressione nella depressione, ho anche pensato che quel rispetto passa comunque attraverso il fattore della seduzione.
Va bene dai, basta così. Prometto che la prossima volta vi racconterò qualcosa di divertente.
Ieri mi si è presentato davanti un tipo, dall'età indefinibile tra i 40 portati male e i 50 portati bene. Ovviamente mai visto prima, né sentito per un appuntamento. Ancora sulla porta mi chiede se faccio pubblicità. Sì. Anche su giornali? Sì. E come funziona? A quella domanda mi sono vista passare cinque anni di università, uno e mezzo di master, sei mesi di stage e 10 anni di lavoro. Ho esitato un attimo (perché mi sono soffermata nostalgicamente alle feste universitarie), e lui ha approfittato per raccontarmi che è un odontotecnico, che si trova in città da due anni, che non ha lavoro e vuole farsi una clientela e non sa come fare. A quel punto ero a un bivio: il suicidio o la resistenza a oltranza. Vedo le due stronze dell'ufficio accanto al mio che guardano questo disgraziato come se fosse un lebbroso e mi strizzano l'occhio compiaciute. Opto per la resistenza. Gli spiego che non ha bisogno di un'agenzia di pubblicità. Che deve farsi un giro di conoscenze, magari approfittando di facebook, che queste cose funzionano con il passaparola. Insomma, cerco di dare un senso a quel colloquio improvvisato. Lui mi guarda e mi fa: "Lei è il capo qui?" Ho un altro flash tipo quello delle feste universitarie, ma stavolta mi appaiono tutte le persone (fornitori, collaboratori, clienti, gente che passava di là per caso) che mi hanno sempre trattata come se fossi la loro segretaria. "Sulla visura camerale è scritto così" ho risposto. Devo avergli fatto pena, perché si è lanciato in un panegirico sulla necessità che al mondo ci fossero solo capi donne. "Beh, - gli ho risposto - basterebbe anche solo un 50%" Ma a quel punto nessuno lo poteva più fermare: "No, perché le donne che comandano sono migliori. Perché sono anche più seducenti". Ora, se solo aveste potuto vedermi ieri...beh, seducente sarebbe stata l'ultima parola che vi sarebbe venuta in mente. "Presenti esclusi" mi è venuto spontaneo aggiungere. "No, veramente, sono più comprensive, si lavora meglio che con gli uomini". Caro mio, ecco perché non hai un lavoro - ho pensato. Ci siamo salutati con la promessa di riaggiornarci presto.
È stata una giornata veramente deprimente. Oltre che per il fattore umano, mi sono rattristata anche per il pensiero che le donne possano acquistare rispetto solo da chi è fuori dal mercato del lavoro. E, depressione nella depressione, ho anche pensato che quel rispetto passa comunque attraverso il fattore della seduzione.
Va bene dai, basta così. Prometto che la prossima volta vi racconterò qualcosa di divertente.
In tutto ciò il Governo dice che va tutto benissimo. Forse dovrebbero farsi un giro tra la gente...
RispondiEliminaSiamo veramente allo sfascio. Non stento a credere che colloqui così ti lascino l'amaro in bocca.
RispondiEliminaDai, un giorno o l'altro mi presento anch'io alla tua porta, e ti recapito uno di quei dolcetti al cioccolato!
Non so tu, ma io sono incline a sublimare con il cibo ...
Oh sì, ti prego, sublimiamo!
RispondiEliminaSarebbe curioso capire se l'odontotecnico quando si vede aprire la porta da un capo maschio gli dice che lavorare per gli uomini è meglio perché le donne quando comandano diventano stronze e acide.
RispondiEliminaProverò a fargli aprire dal mio socio.
RispondiElimina"Ah, lei è il capo qui? L'altra volta devo aver parlato con la segretaria. Mi sembrava in effetti che fosse poco preparata"