martedì 19 ottobre 2010

Clienti




Molti pensano che io, lavorando autonomamente, possa godere di una certa immunità dalle classiche discriminazioni sul lavoro. Beh, ora scrivo un post che vi convincerà del contrario. Faccio notare intanto, che per sopravvivere in questo mercato sono costretta a fare periodicamente dei colloqui di lavoro. Nel senso che qualcuno mi esamina per darmi un lavoro. Sono i miei clienti, potenziali e acquisiti. Io sono dieci anni che cerco costantemente lavori, e c'è di buono che per me questo aspetto non rappresenta più un fattore di stress. Ho imparato a conviverci. Fa parte del pacchetto del piccolo imprenditore. Da questo punto di vista quindi, sono come una qualsiasi donna che deve affrontare una selezione, con tutte le dinamiche che conosciamo, comprese le discriminazioni, ma ahimè, senza la possibilità di appellarmi a un sindacato.
Tanto per citarne una, anni fa dovevo contattare un'azienda vinicola piuttosto grossa del profondo Friuli. Telefono per parlare con il titolare (qui le aziende possono fatturare anche milioni di euro l'anno e non avere mai sentito parlare né di consiglio d'amministrazione, né di amministratore delegato, né di direttore generale, responsabile marketing e via dicendo; c'è sempre e solo un unico interlocutore: il titolare, fondatore, padre padrone, colui che tutto sa e tutto fa). Mi risponde qualcuno che non era il titolare.
"Aspetti un attimo, che è fuori." Sento che stanno portando il cordless al grande capo, impegnato evidentemente nell'ispezionare le vigne. Sento i passi sulle scale, i passi nel terreno, rumori vari di sottofondo. E sento il titolare: "Chi è?"
"Ah non so...- in dialetto friulano - l'è una fèmena".
Vi lascio immaginare l'esito di quella telefonata. Voglio dire, tu sei là che avresti voluto dirgli: ma-brutto-ignorante-e-bifolco-che-non-sei-altro,spero-che-quelle-quattro-piante-pidocchiose-che-ti-ritrovi-avvizziscano-e-che-la-stessa.sorte-tocchi-ai-tuoi-genitali. E invece hai bisogno del lavoro, e fai finta di niente, salvo poi prendertela col tuo socio maschio in quanto rappresentante della categoria.
Sì, okay, si trattava di un contesto rurale, isolato. Ma nelle aziende "urbane" non va mediamente meglio. Solo che non si parla in dialetto e i modi sono leggermente più raffinati. Più volte, assieme al mio socio, sono stata ricevuta da responsabili marketing o della comunicazione di aziende di tutto rispetto (rispetto solo economico). Il rituale era sempre più o meno lo stesso. Ci chiedono i documenti in portineria (e nel mio caso fanno bene), ci fanno salire ai piani alti, ci accoglie una collaboratrice sempre magra, giovane e carina che ci fa accomodare in sala riunioni. Dopo un paio di minuti arriva la guest star. Ovviamente uomo. Molto raramente magro, giovane e carino. Una volta seduti, eccolo lì: lo sguardo del cliente si rivolge direttamente al mio socio. Così, di default. E io divento tappezzeria, corredo e arredo di una riunione in cui la mia presenza è ritenuta inutile. Eppure quell'appuntamento l'avevo preso io. Ci avevo parlato io con lui al telefono. E non mi ero spacciata per la segretaria del mio socio. E a quel punto che fai? Non puoi prendere la parola dicendogli brutto-idiota-di-maschio-razzista-e-ignorante-ma-ti-hanno-informato-che-le-donne-hanno-il-tuo-stesso-diritto-di-voto? No, perché ti serve il lavoro. E allora, mentre il signore fissa il mio socio, io inizio a parlare, tipo voce fuori campo, come quelle che ascolti in cuffia quando devi smettere di fumare. Una sorta di messaggio subliminale. "Dammi il tuo budget, razza di imbecille".
Va un po' meglio con le donne. Intanto perché le poche che ricoprono ruoli di responsabilità non hanno più di quarant'anni, segno forse che la battaglia per la parità sta soltanto ora, timidamente, dando qualche risultato. La cosa interessante che ho notato però, è che le donne non danno comunque più importanza a me in quanto appartenente allo stesso genere. E non la danno nemmeno al mio socio. Cercano di essere equilibrate. Danno ascolto a entrambi. Sorridono, partecipano e impostano il rapporto in modo orizzontale e paritario, tra sessi e tra ruoli. Da un lato mi fa piacere. Dall'altro mi rode, perché non avrò mai la mia personale vendetta.
Chiaramente questi sono solo esempi parziali in base alla mia esperienza personale. Sono sicura che esisteranno uomini manager in grado di rispettare la presenza di un'interlocutrice donna e donne manager che cadranno nel meccanismo del senso di inferiorità rispetto all'interlocutore uomo. Fatto sta che se dovessi fare una statistica sui miei colloqui di lavoro, direi che per un buon 80%, hanno avuto un esito positivo esclusivamente per la presenza del mio socio. Anche in quei casi in cui la più preparata sull'argomento ero io. E se domani fallissimo, la mia piccola statistica rientrerebbe tranquillamente in quella del mercato del lavoro nazionale: il mio socio avrebbe l'80% di possibilità in più di trovare lavoro rispetto a me.
Spero che un giorno questo blog mi dia da vivere.

7 commenti:

  1. Beh, a proposito di contesti lavorativi, non ti dico come vanno le cose in cantiere se sei donna!
    Pensa che il mio capo, quando finalmente si è deciso a portarmi con lui in cantiere, mi ha dato l’impegnativo incarico di scegliere il colore delle piastrelle dei bagni! giustamente una cosa da femmine!
    Però devo dire che quando ho a che fare con i clienti e si parla di progettazione fortunatamente noto che c’è interesse. Chi invece ci ignora completamente sono i colleghi maschi delle due categorie con le quali dobbiamo collaborare quotidianamente, ingegneri e geometri. Non basta che sei architetto ma sei pure donna! Vade retro satana!
    giada

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  2. Maledetti ingegneri. L'ho sempre detto io...

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  3. oggi il mio presidente mi incrocia in portineria...sto baciando sulle guance una mia amica che mi ha fatto compagnia per il pranzo in mensa e in mezzo a tutto il corridoio mi becco un "MA A ME NON LI DAI MAI I BACI?"...se abbiamo parlato 5 volte in 4 anni è tanto, abbiamo solo quei 30/40 anni di differenza...MA CHE SONO, 'NA VELINA?"

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  4. Questi vecchi bavosi dovrebbero andare a giocare a bocce. Altro che presidenza. Che poi se te la prendi ti dicono pure che non hai il senso dell'umorismo.

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  5. il che mi fa pensare...quanto e' preponderante l'influenza della gerontocrazia italiana nella questione di pari opportunita'?

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  6. Questo è proprio il mio blog, da pochi giorni ti seguo, ormai è già diventata una piacevole abitudine collegarmi a questo blog al mattino, spesso addirittura prima di leggere le mail, "clienti" è proprio il pezzo dove mi sono specchiata maggiormente nella mia quotidianità, mi ha fatto tanto sorridere e purtroppo, per la sacrosanta verità è sceso anche un velo di tristezza, sono una creativa, dopo 20 anni di agenzia, 3 figli, un uomo, lavo, stiro, cucino, ma niente dimestichezza con il Black&Decker, mi sono detta è ora di cambiar aria e pensando di non averne abbastanza, mi sono licenziata per darmi alla libera professione, le situazioni come quelle descritte sopra da "e je une femine al telefono" (sono friulana) con tutti gli annessi e connessi sono il pane quotidiano.
    Mi sento spesso dire "sei una donna in carriera" (che odio questa frase!),
    preferisco al momento definirmi "una donna in corriera" sempre in movimento ma con poca libertà di azione/movimento... si sa le corriere sono strette... e a guidarle c'è sempre un autista maschio

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  7. Cara Claudia, hai provato con la bici? Fa anche molto creativo-trendy-alternativo. Se fai moda, ti si perdona anche il fatto di essere donna.

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