sabato 2 ottobre 2010

Integrazione al post Riyoko Ikeda e il mito di Lady Oscar

Alla fine ci sono andata. Nonostante i miei altri impegni. Nonostante la stanchezza. Nonostante Trenitalia. Sono andata al Romics, la fiera sul fumetto organizzata alla Fiera di Roma. Ho seguito la celebrazione di Riyoko Ikeda, creatrice di Lady Oscar con la consegna del premio Romics d'Oro.
La platea era gremita di fan e di nostalgici di un mondo perduto. Sul palco c'era addirittura la cantante dei Cavalieri del Re, che ha intonato la sigla di Lady Oscar tra la commozione generale. In mezzo, Riyoko Ikeda, classe 1947 ma conservata come se fosse del '77 (il che supporta la mia convinzione che il sushi faccia bene e che vada mangiato quotidianamente), un po' spaesata, molto composta, forse un po' stupita di tutto quell'affetto. Due cose mi hanno colpita in modo particolare. La prima, sono state le domande del pubblico. Per lo più fatte da uomini. Uomini che chiedevano approfondimenti sul carattere del personaggio di Lady Oscar, o che si complimentavano per averci insegnato, dal Giappone, che cosa fosse la libertà. La cosa mi ha fatto pensare che Lady Oscar fosse veramente un'eroina transgender, capace di lanciare un messaggio non solo alle donne, ma anche agli uomini. E chissà se quegli uomini non siano cresciuti con un'idea paritaria e moderna dei rapporti umani e della società in genere. La seconda cosa che ho gradito è stata l'intervento di una storica, chiamata a integrare la celebrazione della Rosa di Versailles con informazioni su usi e costumi di fine Settecento. Quando il moderatore si lancia in un improbabile paragone tra Lady Oscar e Giovanna d'Arco, affermando che evidentemente non portava bene vestirsi da uomini in Francia, visto che entrambe hanno fatto una brutta fine, la storica ironizza, rispondendo che in realtà sono state molto fortunate, perché in alternativa sarebbero morte semplicemente di parto. Fantastica. E continua riportando il dato storico per cui le donne, a quel tempo, avevano tre diverse possibilità: prostituirsi, sposarsi - e spesso era la stessa cosa - o diventare monache. Sono passati trecento anni, ma aggiungere nuove possibilità è ancora molto difficile. Con questo, chiudo il capitolo del fumetto e torno alla realtà. Ahimè.

1 commento:

  1. Bellissimo il finale del tuo post sul quale, ahimé, mi trovi perfettamente d'accordo...

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