martedì 16 novembre 2010

Le icone contro gli stereotipi

Oggi mi sono presa una giornata libera dal blog. Non ho scritto, non ho fatto ricerche, non ho letto nemmeno un giornale. La cosa deve avervi gettato nello sconforto, perché mi avete sommersa di materiale e di segnalazioni varie. Tipo sportello del cittadino. Non vi preoccupate, il mio non era stress, ma primogenito con 39 di febbre. E come ben sapete, quando un figlio si ammala, la carriera di una donna si ferma. Soprattutto per quelle che lavorano in proprio. Comunque, dopo aver raccolto vomito per tutta la giornata, ora sono qui, alle 22.30, sul divano, davanti al canale 137 di Sky che mi propone il programma Mamma e non solo - "Un reality che indaga la vita delle mamme di oggi, tra lavoro, figli, mariti, sensi di colpa e problematiche di coppia". Roba tosta. Ecco, adesso ho la reale percezione dello stato pietoso in cui verso. Sono però molto soddisfatta della spesa che ho fatto questo pomeriggio col mio secondogenito, e della cena che ho preparato: moscardini in umido con polenta. Mi trovate poco coerente? No, vi prego. Prometto che domani farò la brava: lavorerò, mangerò un tramezzino davanti al computer e ordinerò cinese per il resto della famiglia.
Fra le varie segnalazioni che mi avete mandato, ce n'erano un paio tratte da articoli del settimanale Newsweek. Pare che il giornale tragga spesso ispirazione dai fatti di casa nostra. E come biasimarli. Da un lato c'è tutto un chiedersi come mai continuiamo a tenerci Berlusconi. Un settantaquattrenne che corre ancora dietro alle gonne di ragazzine in cerca di fama e denaro facili. Il senso di quell'articolo è che l'immagine della donna italiana ne esce svilita, perché il capo-ancora-per-poco del nostro Governo usa e abusa del corpo delle donne, riducendole a oggetti a sua disposizione. E fin qui c'eravamo arrivati. L'articolo che invece mi fa riflettere, vuole essere una sorta di premio di consolazione. Leggetelo qui.
In pratica ci dicono: "Su, dai, non vi demoralizzate: ci sono un sacco di donne italiane che non fanno parte della cerchia delle ragazze di Berlusconi e che tengono alto il nome del vostro paese". Bene, penso io, vediamo chi sono. Anna Maria Mozzoni, femminista vissuta a fine Ottocento. Anna Magnani, per aver detto quella celebre frase al suo truccatore: "Le rughe non me le coprire. Ci ho messo una vita a farmele venire". Isabella Rossellini. Sofia Loren. Inizio a preoccuparmi. Le donne che portano avanti il nome dell'Italia, o sono morte o comunque fanno parte del mondo dello spettacolo. Poi mi rianimo un po', perché si nomina Rita Levi Montalcini, che ha 100 anni, ma comunque vale. Oriana Fallaci (anche lei morta, però). Rosaria Capacchione (giornalista molto attiva nella lotta contro la criminalità organizzata, stranamente viva e quindi esempio finalmente degno di questo articolo). Miuccia Prada e Donatella Versace (uff!). Le sorelle Antinori (ma è facile, visto che l'azienda è della famiglia da 600 anni). Poi, presi evidentemente dalla disperazione, si sono messi a ravanare nel passato di celebrità estere e ci riportano come fulgido esempio di donna italiana Sonia Gandhi, nata a Lusiana, in Veneto. A questo punto potevano pure mettermi Madonna, che si chiama Ciccone di cognome. Si riprendono però sul finale, citando Emma Marcegaglia. Non nominano la Camusso, neo eletta segretaria della Cgil, ma si sa che gli americani non amano parlare dei comunisti. E alla fine, proprio associata alla Marcegaglia, arriva la donna che non avremmo mai voluto sentire inserita in questo contesto: Carla Bruni. Cioè, Rita Levi Montalcini e Carla Bruni. Oriana Fallaci e Carla Bruni. Ma pure Sofia Loren e Carla Bruni. Beh, ringraziamo Newsweek per il pensiero, ma mi sa che nemmeno loro abbiano le idee ben chiare di cosa significhi essere una donna impegnata che porta all'estero il buon nome dell'Italia. Insomma, queste "icone contro gli stereotipi", come recita l'articolo, non convincono. Facendo i debiti tagli, ne restano veramente poche. E forse stanno pulendo il vomito dei loro figli.

5 commenti:

  1. beh non si dà credito che alcune delle segnalazioni vengono da me, uomo e lettore accanito del blog?
    ebbene sì, oramai quando vedo una notizia che parla della discriminzione verso le donne ho già pronta la shortcut"condividi sul muro di Benedetta"
    ;)
    saluti da motorcity

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  2. Sì, in effetti il grosso dei contributi mi arriva da te. Uomo accanito. E, ovviamente, emigrato dall'Italia agli Stati Uniti :)

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  3. Più che icone contro gli stereotipi sembrano icone degli stereotipi.

    Sulla Camusso aprirei una parentesi a costo di rendermi antipatico e impopolare.

    Una che come primi discorsi dice:

    "Se dovessi dire cosa penso degli scandali privati del presidente del Consiglio sarei censurata a priori."

    Cominciamo bene, già ha paura a parlare. W l' omertà!

    poi mi pare disse qualcosa tipo: non chiamatemi segretaria ma segretario perchè la segretaria è una che lavora per gli uomini..

    insomma, non mi sembra un' icona neanche questa...

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  4. Scusate se mi intrometto(pure in ritardo...).
    Ho un dubbio: non è che, oggi come oggi, è ormai assurdo distinguere icone e stereotipi?
    Nell'era della comunicazione globale e della società dell'immagine, le icone (quelle vere, ma in un senso comunque obsoleto) vengono necessariamente ridotte a stereotipi: nessuno si salva. Dal momento in cui viene "definito", un personaggio pubblico è "debellato" in automatico dal sistema. Che ne pensate?

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  5. Giusto. Quando si parla di personaggi pubblici, la complessità della persona viene meno. Però ci sono personaggi in grado di comunicare valori. E non parlo dei valori di Fabrizio Corona.

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