giovedì 9 settembre 2010

Premessa, ovvero "Se guadagno di meno è perché stiro le camicie."

Mi domando perché nel mondo occidentale dominato dal progresso, dai diritti civili e dal benessere socio-economico, si debba continuare a parlare di pari opportunità. Voglio dire, se una donna vuole entrare nell'esercito, in polizia, in politica (non so perché, ma mi è venuta spontanea solo questa triade), oggi può farlo liberamente. Non c'è nessuno che glielo impedisca.
Eppure la maggior parte delle donne non lo fa. Sarà questione di gusti? Di intelligenza? Fatto sta che c'è qualcosa di immobile in tutto questo. Continuano a nascere associazioni di sole donne, l'imprenditoria femminile è agevolata da finanziamenti statali, c'è addirittura un Ministero delle Pari Opportunità a vegliare sul buon andamento delle cose...Ma sembra tutto inutile: il dato più recente è che in Europa le donne guadagnano, a parità di grado e competenze, il 17,8% in meno degli uomini. Segno che il virus è tra di noi. Le leggi non bastano. Ci sono consuetudini troppo radicate e, ancora più grave, accettate e sottovalutate anche dalle donne, che ostacolano il percorso verso una reale uguaglianza.
E allora è bene porsi alcune domande. Indagare. Spulciare nei meandri della vita quotidiana, dove si annidano queste consuetudini, come tarme negli armadi, o tra la pila dei vestiti che giacciono in attesa che io li stiri. Ma poi, chi l'ha detto che li debba stirare io?

4 commenti:

  1. Non faccio in tempo a leggere i primi post di questo nuovo blog che, tornando in piazza facebook, mi compare la seguente notizia:

    New York - Le donne single e senza figli guadagnano più dei maschi

    http://www.newyorkcity.it/index.php/201009091079/le-donne-single-e-senza-figli-guadagnano-piu-dei-maschi.html

    Forse che i precursori delle riforme culturali dell'ultimo secolo siano già proiettati verso un futuro equamente opportuno? O forse che finché si tratta di donne senza figli e senza marito (come a dire, donne a metà), le fanciulle possono anche fare gli uomini, ottenendo magari risultati migliori (ma va?), ma questa condizione resta valida solo fino a quando restano nella categoria del SENZA? Per la serie, sfogatevi finché potete. Mi sa che è più la seconda...

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  2. Si sa che negli Stati Uniti sono avanti vent'anni. Ti fanno venire il dubbio che avessero ragione le attiviste estreme di quarant'anni fa: la parità si raggiunge diventando tutti uomini. Dovremmo iniziare a non depilarci più.

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  3. Allora: il principio della parità salariale è sancito dalla costrituzione italiana e, precisamente, dall'art. 37 che così recita: "La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.
    Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione".

    Se tutto ciò viene applicato nelle Pubbliche Amministrazioni, nel settore privato il "sacro" principio viene spesso disatteso.

    Non c'è da fare lotte, lobby (quante associazioni femminili esistono in italia ed in Europa? una marea...) o lanciare reggiseni in aria.
    E' tutto già scritto e sancito.
    Il problema è che non viene applicato. Il problema è che c'è ancora (ahimè) una diffidenza fortissima ad affidare incarichi di responsabilità ad una donna..se poi mamma, figuriamoci.
    Io la soluzione non ce l'ho...cerco di risolvere la cosa a modo mio, con l'esempio, cercando di far capire certe cose (io stiro, tu butti le scovazze - sono triestina, eh??).
    Non è immediato, lo so...ma piano piano, ce la possiamo fare ;-)

    Bacioni
    Chiara

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  4. Grazie Chiara. Infatti il nocciolo del blog è proprio questo: le leggi ci sono, le tutele anche. Manca la pratica, perché nella vita quotidiana ci sono miriadi di luoghi comuni che si perpetrano senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Dobbiamo imparare a scovare questi piccoli nodi di resistenza, diventarne consapevoli e infine abolirli. Chissà, magari anche ridendoci su...

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